Infermiere dello IOV |
Giovedì 24 novembre mi sono recato alle otto del mattino all'Istituto
Oncologico Veneto (IOV) per la dose mensile di Zometa (acido zoledronico 4mg), mi somministrano anche 100.000 U.I. di colecalciferolo (vitamina D3). La
procedura per il day hospital oncologico prevede nella stessa giornata: esami del sangue, visita
medica dopo aver acquisiti gli esiti dell'esame e infusione del medicinale/chemio. Nel mio caso gli esami
del sangue gli avevo fatti alcuni giorni prima, perchè la
creatinina richiede più tempo. Zometa non è raccomandato per pazienti che presentano prima
dell’inizio della terapia una grave compromissione della funzionalità renale,
definita per questa popolazione come CLcr < 30 ml/min. Negli studi clinici
con Zometa sono stati esclusi i pazienti con valori di creatinina sierica >
265 mcmol/l o > 3,0 mg/dl. Il mio valore della creatinina era 90 mmol/l
Lo stress dell'infermiera |
Mi reco poi nella sala di attesa per la visita oncologica e dopo tre quarti d'ora vengo chiamato, attraverso il display, dall'oncologa dott.ssa Sara Valpione che mi visita, guarda il
valore della creatinina e la Tac (il referto e il dischetto va studiato con più attenzione, quindi ci risentiremo, mi dice);
compila un foglio per il MMG e per la farmacia. Salgo al secondo piano consegno
il foglio con la prescrizione dei farmaci ad una infermeria. Mi accomodo nella sala d'attesa e dopo circa un'ora
vedo apparire sul display il mio numero. Mi reco quindi in una delle stanze infusioni dove
incontro la giovane e simpatica infermiera Chiara, conosce tutti i pazienti per nome. E' pure presente una giovane
e cordiale tirocinante che segue il corso triennale infermieristico. Mentre attendo che mi inseriscano l'ago, ascolto le spiegazioni che Chiara, con molta competenza, rivolge alla giovane futura collega su come si preparano i
farmaci (nella farmacia) e come loro e come devono essere infusi ai pazienti. Le dice anche, quando mi presenta, che io ho il port e le mostra come viene utilizzato. Grazie a Chiara anch'io ho
imparato tante cose nuove. Terminata la terapia saluto i compagni di stanza
alquanto assonnati e poco loquaci; saluto e ringrazio Chiara e dico all'aspirante infermiera
che sicuramente sarà una brava operatrice. Al pomeriggio avevo appuntamento con il neuroradiologo interventista per l'eventuale vertebroplastica ma di ciò vi parlerò prossimamente.
La speranza dei pazienti oncologici in trattamento curativo o palliativo (dove non c'è più speranza di guarigione, come nel mio caso) può essere rinforzata dagli infermieri e dai medici instaurando una relazione d'aiuto, intesa come presenza psico-fisica e dedizione e cioè fornendo il tempo necessario per ascoltare e parlare con loro.
RispondiEliminaCi potrà capitare di reagire al nostro dolore con atteggiamenti di iperprotettività o di rifiuto nei confronti del soggetto colpito dal cancro, come se tentassimo di annullare la consapevolezza di quanto sta accadendo. La malattia di una persona cara, suscita sentimenti del genere anche perché sollecita meccanismi d’identificazione, attivando le nostre paure di ammalarci e di morire. Per questo motivo, spesso percepiamo la sensazione di non sentirci adeguati, di sentirci fuori luogo qualsiasi cosa diciamo o facciamo. È importante invece sapere che in situazioni del genere non esistono formule magiche, frasi o comportamenti che rappresentano "la cosa giusta" da dire o fare.
RispondiEliminaÈ fondamentale mettersi nei panni dell’altro, lasciarlo parlare ascoltando attivamente quello che vuole comunicarci, senza sopraffarlo con le nostre parole o esprimendo giudizi e interpretazioni che non ci vengono richiesti ma tenendo sempre bene a mente che in situazioni così delicate come può essere quella di stare vicino a un paziente oncologico, il silenzio comunica. Il silenzio può voler dire più di mille parole nell’esprimere rispetto, vicinanza emotiva ed affetto.