Avevo seguito nel blog "Pronto Anziano" la malattia di Steve Jobs, ieri la sua morte. Riporto da Repubblica.it (qui) l'articolo di Federico Rampini.
Steve
Jobs non ce l'ha fatta - Addio al fondatore della Apple
Uno
scarno comunicato dell'azienda rivela al mondo la scomparsa di uno dei simboli
dell'èra digitale. Poche settimane fa aveva dovuto rinunciare ad ogni incarico
nel gruppo che aveva creato.
SAN FRANCISCO - E' uno scarno comunicato della
sua azienda, la Apple di Cupertino, che dà la notizia attraverso
l'Associated Press: "Steve Jobs è morto". Il fondatore della Mela,
l'uomo che ha "creato due volte" il marchio-simbolo della nostra èra
digitale, all'età di 56 anni ha perso l'ultima battaglia: quella contro
il cancro al pancreas che lo aveva colpito una prima volta nel 2004.
Jobs si era già ritirato da ogni incarico operativo, il 24 agosto aveva
abbandonato anche l'incarico formale di presidente di Apple lasciandolo
al suo braccio destro Tim Cook. Era il segno che ormai le speranze per
lui erano esigue.
L'ultima apparizione in pubblico risale al 7 giugno: a sorpresa Jobs si era presentato a una seduta del consiglio comunale di Cupertino (sede di Apple, nella Silicon Valley californiana) per presentare il progetto del nuovo campus aziendale. Dopo quella data di lui erano circolate solo delle foto sui tabloid americani, forse apocrife: lo ritraevano come l'ombra di se stesso, magrissimo, spettrale. Un fantasma rispetto allo "showman" che aveva incantato i consumatori del mondo intero seducendoli fino all'adozione universale dell'iPod, di iTunes, dell'iPhone, dell'iPad. La sofferenza dei suoi ultimi mesi di vita aveva perfino fatto sperare in un'impossibile riconciliazione col padre
Abdulfattah Jandali, un siriano-americano che lo aveva abbandonato ai genitori adottivi Paul e Clara Jobs di Mountain View (California).
Steve Jobs aveva detto di no a quell'estremo tentativo di riavvicinamento del padre biologico, come se quella sofferenza lacerante della sua infanzia a San Francisco volesse conservarla intatta e portarla con sé fino alla fine. Scompare l'uomo che ha rivoluzionato l'informatica, la telefonìa mobile, e prometteva di fare altrettanto con il consumo di notizie, la lettura. Sotto la sua guida
Apple, che vent'anni fa sembrava a rischio di estinzione, è diventata la prima azienda hi-tech del mondo in valore di Borsa, davanti a Google e Microsoft. L'avventura di Jobs comincia nel 1976 quando fonda Apple insieme con Steve Wozniak e Ronald Wayne. Fin dall'inizio si distingue come uno dei pionieri del personal computer, ma nella prima fase Apple non riesce a diventare più di un'azienda di nicchia di fronte a giganti come Ibm e Microsoft.
Le difficoltà spingono Jobs a chiamare al timone di Apple nel 1983 John Sculley, ex chief executive di Pepsi Cola. Tra i due i rapporti si guastano presto e Jobs lascia l'azienda nel 1985, in coincidenza con un'ondata di licenziamenti. Ha inizio la sua lunga "traversata del deserto", durante la quale Jobs si cimenta anche col cinema d'animazione lanciando la Pixar che sarà poi venduta alla Disney. Il ritorno di Jobs alla Mela di Cupertino avviene sul finire del 1996 quando viene richiamato in soccorso dell'azienda che appare quasi moribonda. E' in questa seconda fase che Jobs dà il meglio di se stesso in tutti i campi: non solo nell'innovazione tecnologica e di
prodotto, ma anche nel suo talento di guru, comunicatore e venditore, fino a diventare quasi il capo di una "religione laica" con seguaci nel mondo intero. Già nella prima fase con il Macintosh (1984) Apple si era distinta per due qualità originali: la semplicità e modernità degli interfaccia grafici; la cura per il design di un prodotto come il pc che all'epoca aveva un'immagine dimensione esclusivamente funzionale e utilitaristica.
Queste stesse qualità ritornano in modo esponenziale nella "seconda Apple" sotto la guida di Jobs, con invenzioni come l'iPod, iPhone, iPad, oltre che nella nuova gamma dei computer iMac. In ciascuno dei settori dove ha sfondato, Jobs non ha inventato prodotti genuinamente nuovi: prima di lui esistevano il pc, lo smart-phone, i lettori digitali di musica mp3 nonché i tablet per leggere e-book e giornali come il Kindle. In ciascuno di questi settori però lui ha imposto dei trend, delle trasformazioni profonde nel modo di navigare Internet, ascoltare musica o leggere i giornali. Ha rivoluzionato anche l'esperienza commerciale inventando gli Apple Store, luoghi di ritrovo che oggi segnano l'omogeneizzazione di una cultura globale da San Francisco a Pechino. (06 ottobre 2011)
Ecco la parte del suo intervento sul tema della morte.
L'ultima apparizione in pubblico risale al 7 giugno: a sorpresa Jobs si era presentato a una seduta del consiglio comunale di Cupertino (sede di Apple, nella Silicon Valley californiana) per presentare il progetto del nuovo campus aziendale. Dopo quella data di lui erano circolate solo delle foto sui tabloid americani, forse apocrife: lo ritraevano come l'ombra di se stesso, magrissimo, spettrale. Un fantasma rispetto allo "showman" che aveva incantato i consumatori del mondo intero seducendoli fino all'adozione universale dell'iPod, di iTunes, dell'iPhone, dell'iPad. La sofferenza dei suoi ultimi mesi di vita aveva perfino fatto sperare in un'impossibile riconciliazione col padre
Abdulfattah Jandali, un siriano-americano che lo aveva abbandonato ai genitori adottivi Paul e Clara Jobs di Mountain View (California).
Steve Jobs aveva detto di no a quell'estremo tentativo di riavvicinamento del padre biologico, come se quella sofferenza lacerante della sua infanzia a San Francisco volesse conservarla intatta e portarla con sé fino alla fine. Scompare l'uomo che ha rivoluzionato l'informatica, la telefonìa mobile, e prometteva di fare altrettanto con il consumo di notizie, la lettura. Sotto la sua guida
Apple, che vent'anni fa sembrava a rischio di estinzione, è diventata la prima azienda hi-tech del mondo in valore di Borsa, davanti a Google e Microsoft. L'avventura di Jobs comincia nel 1976 quando fonda Apple insieme con Steve Wozniak e Ronald Wayne. Fin dall'inizio si distingue come uno dei pionieri del personal computer, ma nella prima fase Apple non riesce a diventare più di un'azienda di nicchia di fronte a giganti come Ibm e Microsoft.
Le difficoltà spingono Jobs a chiamare al timone di Apple nel 1983 John Sculley, ex chief executive di Pepsi Cola. Tra i due i rapporti si guastano presto e Jobs lascia l'azienda nel 1985, in coincidenza con un'ondata di licenziamenti. Ha inizio la sua lunga "traversata del deserto", durante la quale Jobs si cimenta anche col cinema d'animazione lanciando la Pixar che sarà poi venduta alla Disney. Il ritorno di Jobs alla Mela di Cupertino avviene sul finire del 1996 quando viene richiamato in soccorso dell'azienda che appare quasi moribonda. E' in questa seconda fase che Jobs dà il meglio di se stesso in tutti i campi: non solo nell'innovazione tecnologica e di
prodotto, ma anche nel suo talento di guru, comunicatore e venditore, fino a diventare quasi il capo di una "religione laica" con seguaci nel mondo intero. Già nella prima fase con il Macintosh (1984) Apple si era distinta per due qualità originali: la semplicità e modernità degli interfaccia grafici; la cura per il design di un prodotto come il pc che all'epoca aveva un'immagine dimensione esclusivamente funzionale e utilitaristica.
Queste stesse qualità ritornano in modo esponenziale nella "seconda Apple" sotto la guida di Jobs, con invenzioni come l'iPod, iPhone, iPad, oltre che nella nuova gamma dei computer iMac. In ciascuno dei settori dove ha sfondato, Jobs non ha inventato prodotti genuinamente nuovi: prima di lui esistevano il pc, lo smart-phone, i lettori digitali di musica mp3 nonché i tablet per leggere e-book e giornali come il Kindle. In ciascuno di questi settori però lui ha imposto dei trend, delle trasformazioni profonde nel modo di navigare Internet, ascoltare musica o leggere i giornali. Ha rivoluzionato anche l'esperienza commerciale inventando gli Apple Store, luoghi di ritrovo che oggi segnano l'omogeneizzazione di una cultura globale da San Francisco a Pechino. (06 ottobre 2011)
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“Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo,
sicuramente una volta avrai ragione”
Aggiorno il post sabato mattina 8 ottobre 2011 riportando una parte del discorso che tenne alla
Stanford University, il 12 giugno 2005. Mi ha colpito come nel 2005, ad un anno dalla scoperta del tumore e dopo l'intervento fosse convinto di essere guarito: quando i
medici
videro le cellule al microscopio iniziarono a piangere, perché avevano
appena
scoperto che avevo una forma di cancro molto rara e curabile con un
intervento
chirurgico. Mi sottoposi all’intervento chirurgico e adesso sto bene. Sperava di aver sconfitto il cancro, ma esso è una brutta bestia che colpisce quando meno te lo aspeti.Ecco la parte del suo intervento sul tema della morte.
Quando
avevo 17 anni lessi una
citazione che suonava più o meno così: “Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo,
sicuramente una volta avrai ragione”. Mi colpì molto e da
allora,
per gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio
chiedendomi:
“Se oggi fosse l’ultimo giorno
della mia
vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?”. E ogni
qualvolta
la risposta era “no”
per
troppi giorni di fila, capivo che c’era qualcosa che doveva essere
cambiato.
Ricordarmi
che morirò presto è il
più importante strumento che io abbia mai trovato per fare le grandi
scelte
della mia vita. Perché quasi tutte le cose – tutte le aspettative di
eternità,
tutto l’orgoglio, tutte le paure di imbarazzi o fallimenti – svaniscono
di
fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che c’è di realmente
importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore per non
cadere
nella trappola di pensare che abbiamo qualcosa da perdere. Siete già
nudi. Non
c’è ragione per non seguire il vostro cuore.
Circa un
anno fa mi fu
diagnosticato un cancro. Alle sette e mezzo del mattino feci la
scansione che
mostrava chiaramente un tumore al pancreas. Non sapevo neanche che cosa
fosse un
pancreas. I dottori mi dissero che si trattava di un cancro che era
quasi
sicuramente di tipo incurabile e che avrei avuto si e no 3 mesi di vita.
Mi
dissero di andare a casa e sistemare le mie faccende (che è il codice
dei
dottori per dirti di prepararti a morire). Questo significa che dovevo
prepararmi a dire ai miei figli, in pochi mesi, tutto quello che pensavo
di
avere ancora una vita per dire. Significa che dovevo essere sicuro che
tutto
fosse organizzato in modo tale che per la mia famiglia fosse il più
semplice
possibile. Significa che dovevo dire i miei “addii”.
Vissi con il responso di quella
diagnosi per tutto il giorno. Quella sera mi fecero una biopsia, in cui
ti
infilano un endoscopio giù per la gola, attraverso lo stomaco fino
all’intestino
per inserire un ago nel pancreas e prelevare alcune cellule del tumore.
Io ero
sotto anestesia, ma mia moglie – che era lì – mi raccontò che quando i
medici
videro le cellule al microscopio iniziarono a piangere, perché avevano
appena
scoperto che avevo una forma di cancro molto rara e curabile con un
intervento
chirurgico. Mi sottoposi all’intervento chirurgico e adesso sto bene.
Quella fu
la volta in cui mi
avvicinai di più alla morte e spero che, per qualche decennio, sia anche
l’ultima. Essendoci passato, posso parlarvi adesso con un po’ più di
certezza di
quando la morte fosse per me solo un concetto astratto.
Nessuno vuole morire. Anche le
persone che vogliono andare in paradiso non vogliono morire per andarci.
Ma
comunque la morte è la meta che tutti abbiamo in comune. Nessuno gli è
mai
sfuggito. Ed è come deve essere, perché molto probabilmente la morte è
la più
grande invenzione della vita. E’ l’agente di cambiamento della vita.
Spazza via
il vecchio per far posto al nuovo. Ora, il nuovo siete voi, ma un giorno
non
troppo lontano diventerete gradualmente il vecchio e sarete spazzati
via. Mi
dispiace essere così drammatico, ma è la pura verità.
Il vostro
tempo è limitato, per
cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi
intrappolare
dai dogmi, seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non
lasciate che
il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E,
cosa più
importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e le vostre
intuizioni. In qualche modo loro sanno che cosa volete veramente. Tutto
il resto
è secondario.
Quando ero
ragazzo esisteva una
meravigliosa rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, che era
una delle
bibbie della mia generazione. Fu creata da Stewart Brand non molto
lontano da
qui, a Menlo Park, e Stewart ci mise dentro tutto il suo tocco poetico.
Era la
fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e dell’editoria
elettronica, quindi la rivista era interamente creata con macchine da
scrivere,
forbici e polaroid. Era una specie di Google in versione cartacea, 35
anni prima
che Google fosse inventato: era idealistica, traboccante di strumenti
chiari e
concetti meravigliosi.
Stewart e
il suo gruppo
pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono
alla
fine del loro percorso, pubblicarono il numero finale. Era più o meno la
metà
degli anni Settanta e io avevo la vostra età. Nell’ultima pagina di
questo
numero c’era una fotografia di una strada di campagna al mattino presto,
quel
tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l’autostop se siete
abbastanza
avventurosi. Sotto la foto erano scritte queste parole: “Stay Hungry. Stay Foolish”,
siate
affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay
Foolish. Io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso che vi
laureate
per cominciare una nuova vita, lo auguro a voi. Stay Hungry. Stay
Foolish.
Grazie a tutti." Steve
Jobs
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