sabato 8 novembre 2014

Il suicidio assistito di Brittany Maynard



Il suicidio assistito di Brittany Maynard, una ventinovenne americana con tumore al cervello in stadio terminale (glioblastoma), avvenuto il primo novembre 2014, non può passare sotto silenzio. Tutti i malati di cancer, specie quelli con recidive e metastasi, riflettono più degli altri sul fine vita. Ecco alcune riflessioni tratte da articoli che hanno preso posizioni pro e contro il suicidio assistito. Su questo tema non possiedo la verità, condivido il pensiero di Antonio Machado:

Tu verdad? No, la Verdad,
y ven conmigo a buscarla.
La tuya, guàrdatela.

La tua verità? No, la Verità,
e vieni con me a cercarla.
La tua, tienitela.
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-in-lingua-straniera/poesia-24931?f=a:3031>
Qual è la differenza tra suicidio assistito e eutanasia. Cito l'Enciclopedia Treccani: Eutanasia Morte non dolorosa di un paziente, procurata deliberatamente con la somministrazione di un farmaco letale (e. attiva), oppure con l’assunzione da parte della persona malata di un farmaco letale preparato da un medico (suicidio medicalmente assistito). (…)
Quali sono le cliniche dove viene eseguito il suicidio assistito? Due sono le associazioni che praticano il suicidio assistito in Svizzera: la Dignitas – vivere e morire con dignità, fondata dall’avvocato Ludwig Minelli nel 1998 a Forch, vicino Zurigo (che accoglie per la maggior parte persone straniere) e la Exit, a Berna. In Italia esiste un’associazione a favore dell’eutanasia,  Exit Italia, che fornisce supporto e informazioni a chi intende rivolgersi alle due associazioni svizzere. Quanti lo fanno? Circa 200 all’anno. Solo la Dignitas ha aiutato a morire quasi 1.200 persone negli ultimi 12 anni (la metà dei quali tedeschi).
Si parla spesso negli articoli che riporto di dignità ma cosa s'intende per dignità? Leggo nell'Enciclopedia Treccani: La condizione di nobiltà ontologica e morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a sé stesso. La d. piena e non graduabile di ogni essere umano (il suum di ciascuno), ossia il valore che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo e di esistere è ciò che qualifica la persona, individuo unico e irripetibile. Il valore dell’esistenza individuale è dunque l’autentico fondamento della d. umana. (…)
Secondo Tommaso d’Aquino e la concezione cristiana, la d. dell’uomo sta nel suo essere creato a immagine e somiglianza di Dio e nella sua capacità di orientare le proprie scelte in una continua tensione etica verso Dio. Per I. Kant, la d. dell’uomo sta nel suo essere razionale e capace di vita morale, ed è ciò che gli impone di agire sempre «in modo da trattare l’uomo, così in te come negli altri, sempre anche come fine e mai solo come mezzo».
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Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita: nessuna condanna per questa povera donna che ha già sofferto abbastanza, l’unico che sa come stanno veramente le cose è Dio
Iacopo Scaramuzzi - Città del Vaticano
(….)“Molti malati terminali, questa è la mia esperienza di medico, hanno l’idea del suicidio, ma in Italia e in Spagna, ad esempio, nessuno praticamente lo mette in pratica, e, ad ogni modo, mai in vita mia ho consigliato a qualcuno il suicidio”, spiega mons. Carrasco de Paula a Vatican Insider. “Ma non credo che questa ragazza lo abbia fatto per codardia, per una riflessione intellettuale o per un sillogismo. La gente che ha avuto intorno non l’ha aiutata, è stata gestita da un gruppo pro eutanasia”, afferma il presule. Ad ogni modo, le proprie parole, aggiunge il presidente della Pontificia Accademia pro Vita, non sono “assolutamente una condanna di questa povera donna che ha sofferto già abbastanza”. Più in generale, nel caso di Brittany Maynard, così come in quello di Piergiorgio Welby – il malato italiano di distrofia muscolare progressiva, militante radicale, che morì nel 2006 dopo avere ottenuto che gli venisse sospesa la respirazione artificiale – “sono cose sulle quali non si può insistere”, commenta mons. Carrasco de Paula, “l’unico che sa come stanno veramente le cose è Dio, lui avrà capito e accolto”. (…)
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Ecco il commento di WIRED.it sulla dichiarazione di monsignor Carrasco de Paula
Ecco, un po’ in differita, il commento di Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la vita, sulla morte di Brittany Maynard.
Non giudichiamo le persone ma il gesto in sé è da condannare”, ha detto de Paula, che sarebbe come dire: “non giudichiamo le persone ma il furto in sé è da condannare”. Niente di nuovo, anche sull’aborto i commenti si insabbiano in equilibrismi impossibili: è il più atroce dei delitti, ma tu poveretta meriti il nostro perdono. Anche se non l’hai mai invocato.
Niente di nuovo, soprattutto, perché il Vaticano fa il Vaticano e non potrebbe essere altrimenti – almeno sul piano delle dichiarazioni ufficiali.
Ma le posizioni di de Paula somigliano a quelle di molti paternalisti laici, a quelle di chi non distingue una libera scelta da un giudizio di valore non richiesto. (…) Possiamo? O dobbiamo chiedere il permesso di tutti quelli che vogliono dare lezioni di dignità e venirci a dire come vivere?
Ma non avevo ancora letto la spiegazione definitiva: “Questa donna lo ha fatto pensando di morire dignitosamente, ma è qui l’errore, suicidarsi non è una cosa buona, è una cosa cattiva perché è dire no alla propria vita e a tutto ciò che significa rispetto alla nostra missione nel mondo e verso le persone che si hanno vicino”. Allora adesso ho capito. La missione nel mondo e verso gli altri, che evidentemente preferiscono in massa imporre la loro idea invece che chiedere al diretto interessato “cosa preferisci fare?”.
La vita indisponibile, che trasforma un diritto in un dovere, è uno scenario peggiore di quegli orridi regali di cui non possiamo disfarci perché – ci hanno detto tante volte – non sarebbe gentile farlo.
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Caso Brittany Maynard e suicidio assistito: dove è possibile?
Poche questioni sono così personali o controverse come porre fine alla propria vita con una prescrizione - letale - di un dottore.
Il dibattito si è acceso, ancora una volta, con la pubblicazione di un video (con più di 9 milioni di visualizzazioni) dove Brittany Maynard, una ventinovenne con tumore al cervello in stadio terminale, annuncia la sua decisione di morire.
Il desiderio, condiviso con il mondo, è stato esaudito nella giornata di Sabato in Oregon, USA.
Brittany è morta con un vero suicidio assistito.
La Maynard è una delle 750 persone in Oregon ad aver ingerito una dose letale sotto prescrizione medica dal 1997 ad oggi. Con l’entrata in vigore della legge “Death with Dignity”, infatti, si individua il diritto ad una morte dignitosa e un protocollo per la sua concessione.
Negli ultimi 16 anni la richiesta di morire con suicidio assistito in Oregon è aumenta a tal punto da spingere altri stati ad adottare provvedimenti simili.
Le leggi di assistenza alla morte rimangono, tuttora, una calamita per dispute e riflessioni.
I requisiti per ottenere una dose letale in Oregon sono:

  • il paziente deve essere residente e avere più di 18 anni
  •  il paziente deve essere in grado di intendere e di volere
  • il paziente deve soffrire di una malattia terminale che lo porterà alla morte in 6 mesi
  •  la richiesta deve essere firmata alla presenza di due testimoni, uno dei quali non deve essere né un familiare, né il medico curante né chiunque sia interessato all’eredità del paziente
  •  il paziente deve aspettare 15 giorni per la dose letale
  •  il paziente può ritirare la richiesta in qualsiasi momento

I sostenitori della causa affermano che tutti i pazienti idonei (ovvero già in procinto di morire a causa di una malattia terminale) dovrebbero avere il diritto di scegliere come morire.
Gli oppositori ribattono, preoccupati che tale precedente possa essere oggetto di abuso.
Lo scontro va avanti da tempo. Negli anni novanta fece scalpore il caso di Jack Kevorkian, un medico che assisti più di 100 pazienti terminali portandoli ad una morte consenziente, con grande indignazione e grida di protesta dei cittadini americani e non.
Nel 2009, la classe politica americana (denominata dalla stampa, per l’occasione, la “giuria della morte”) si è riunita per organizzare un taglio dei costi per l’assistenza ai malati terminali. Infatti, più del 28%, o 170 miliardi di dollari, del fondo per la sanità è speso per gli ultimi 6 mesi di vita dei pazienti terminali, secondo il Medicare Newsgroup.
(…)Il presidente della pontificia accademia per la Vita ha poi fatto riferimento ad un caso personale. “Mio padre è morto per un cancro al cervello. Lui è stato un grande esempio di morte con dignità poiché fino all’ultimo ha adempiuto alla sua missione in vita, una missione che tutti abbiamo, fino all’ultimo singolo giorno”. Nel caso di Brittany poi, prosegue il Carrasco de Paula, “c’è da dire che è stata accompagnata in questo gesto da un movimento, Compassion&Choice, che l’ha convinta e che ha una propria ideologia che risponde a una cultura che Papa Francesco ha sottolineato come cultura dello scarto. Quella cultura per cui ciò che non ci serve, ciò che diviene di peso per la società, anche come costi, lo buttiamo via”.(…)
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Parlate di quando morirete di Ellen Goodman – Washington Post (articolo tradotto)
Il Washington Post propone di superare le divisioni sul suicidio assistito, tornate attuali con la storia di Brittany Maynard, e riprendere una discussione più ampia che riguarda ognuno di noi
(…) La decisione di Maynard di avere il controllo sulla fine della sua stessa vita è la storia di una persona su cinquecento. Letteralmente. Persino in Oregon, dove il suicidio medicalmente assistito è legale da più tempo, solo una persona su cinquecento tra quelle che muoiono in casi accomunabili a quello di Maynard fa questa scelta. Perché, mi sono chiesta, dobbiamo continuare a concentrare le nostre energie e la nostra rabbia in un dibattito che riguarda lo 0,2 per cento? E dell’altro 99,8 chi se ne occupa? (…)Un recente rapporto dell’Institute of Medicine sulla morte negli Stati Uniti descrive un sistema sanitario miseramente carente per ciò che riguarda la fine della vita. Troppe persone non muoiono nel modo che sceglierebbero. Troppe persone che sopravvivono vengono lasciate con sensi di colpa e depressione, a chiedersi se hanno fatto la cosa giusta. Se il suicidio medicalmente assistito fosse legale in ogni stato, sarebbe giusto una parziale riduzione di questa dura realtà. (…) Se tutte le persone che hanno visto quel video vogliono fare qualcosa che conta veramente, aprano a tavola una conversazione con le persone che amano, con le persone al posto delle quali potrebbero trovarsi a dover parlare. Sul sito www.theconversationproject.org trovate materiale d’aiuto per cominciare la conversazione. Ma cominciatela. Cominciate a parlare di quello che vi importa alla fine della vostra vita. Scegliete qualcuno che possa parlare al posto vostro, se voi non potrete parlare per voi stessi. Parlatene.
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Il glioblastoma è una forma di tumore del cervello che non lascia molte speranze, sia per quanto riguarda l’aspettativa di vita che, cosa ben più importante, per la qualità di quella che rimane da vivere. Oggi, grazie ai passi avanti della scienza medica, si riesce a vivere molto più che in passato; la media è di un anno e il 40% dei pazienti trattati con radioterapia e chemioterapia combinate arriva a due anni, ma questo non è necessariamente un bene perché gli effetti collaterali di queste terapie vanno semplicemente ad aggiungersi ai disturbi propri della fase terminale. Disturbi molto pesanti, che certamente impediscono di vivere una vita normale e che influiscono anche sulle capacità cognitive. (…)Naturalmente il partito dei no-choice a base cattolica non ha potuto fare a meno di reagire, ci mancherebbe altro, e per farlo ha ripreso la lettera che un seminarista di nome Philip, anch’egli trentenne americano con un cancro simile, ha scritto per Brittany quand’era ancora in vita. È chiaro che la sua decisione è stata invece quella di vivere fino alla fine, ed è altrettanto chiaro che questa scelta è rispettabile quanto quella contraria, ma il punto è che le due scelte non sono altrettanto rispettabili per tutti. Philip ha dalla sua il sostegno di chiunque, cattolici e laici, credenti e non credenti, e soprattutto quello di qualunque Stato del mondo, perché ovviamente non esiste uno Stato che uccida le persone che vogliono vivere. Per Brittany è valso il contrario. Lei non ha avuto tutti dalla sua parte. Sulla sua testa, come su quella della stragrande maggioranza della popolazione mondiale, pendeva un’irrevocabile condanna a vivere, a prescindere dalle eventuali circostanze avverse e dalla sua volontà. È per questo che ha dovuto cambiare residenza.
Ecco perché non possiamo essere d’accordo con Philip quando dice che la scelta di Brittany non è coraggiosa. Al contrario, è per quella di Philip che non ce ne vuole molto di coraggio, basta non fare nulla. Brittany non solo ha dovuto darsi da fare per riuscire nel suo intento, traslocando e spendendo denaro, ma si è pure attivata nella lotta per estendere a tutti la stessa possibilità. Qui sta il suo coraggio, il suo immenso altruismo. Altro che opzione “più concentrata su se stessa che sugli altri”. Parimenti non regge l’affermazione di Philip secondo cui “ogni giorno di vita è un dono e i doni possono essere tolti in ogni momento”. In realtà i doni non possono mai essere tolti, sarebbe estremamente scortese farlo. Possono invece essere messi da parte, o gettati via, quando non servono più o sono vecchi, senza per questo chiedere il permesso al donante. Perché i doni appartengono a chi li riceve.

1 commento:

  1. NON AZZARDARTI NEMMENO A PENSARLO! HO ASSISTITO, FINO ALL'ULTIMO RESPIRO, TANTE PERSONE SCONOSCIUTE, RICEVENDO DAI LORO CONGIUNTI, SENZA ALCUNA RICHIESTA NE' SUGGERIMENTO, TANTE GRATIFICAZIONI CHE NON M'ASPETTAVO E LORO NON IMMAGINAVANO DI ARRIVARE A SENTIRE IL BISOGNO DI ESPRIMERMELE. NESSUNO, FRA QUEI PAZIENTI SOFFERENTI, HA MAI DETTO CHE ERA STANCO DI SOPPORTARE IL MALE CHE LO AFFLIGGEVA E CHE PREFERIVA MORIRE. MI GUARDAVANO ED IL LORO SGUARDO ERA SERENO, QUASI SORRIDENTE. un'amica

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