Per "svelenire" il post una foto da N.G. |
Continua
l'autore: Questo accade perché i
chemioterapici sono tremendi veleni cellulari: mentre da un lato effettivamente
ostacolano (poco) la riproduzione delle cellule cancerose, dall'altro devastano
il sistema immunitario e tutte le funzioni del corpo nel suo complesso, oltre a
mantenere del tutto intatte le cause che hanno portato alla comparsa del cancro
stesso. Chi fa la chemioterapia quasi sempre soffre moltissimo, e spesso muore
malamente (io ho fatto la chemio due anni fa, e non sono morto, certamente morirò prima o dopo). Anche quando va bene e il cancro sembra guarito, per i vasti danni
prodotti difficilmente si ha poi più la possibilità di riprendersi totalmente:
prima o poi il cancro ricompare, e trovando un corpo senza più difese non
lascia scampo.
L'autore
fa un esempio che riguarda la mia patologia: Se per esempio un
paziente viene ospedalizzato per un tumore allo stomaco, e dopo fatto il ciclo
di chemioterapia esce, nelle statistiche non è considerata solo come una
dimissione, ma come guarigione! Se dopo 3 mesi (nel mio caso dopo due anni) lo stesso paziente
ritorna con un tumore al fegato (probabilmente scatenato dalla chemioterapia)
il caso non sarà riaperto e ricollegato all'altro, ma sarà considerato come
nuovo! (Nel mio caso è stata definita progressione di malattia)
Conclude il curatore del sito: La sconcertante realtà
che si evince dalle statistiche correttamente eseguite è che, quasi sempre, chi
non fa la chemioterapia vive più a lungo di chi non fa nessuna terapia!!! (non ci credo!!) E inoltre, sempre dai veri dati, risulta che
l´aggressività di un tumore recidivante diventa esponenziale dopo la
chemioterapia, e se poi ricompare c'è ben poco da fare, in un organismo
compromesso dal veleno. Non fatevi fregare.
Mi
stanno fregando, spero proprio di no! Mi fido dei miei oncologi, anche se sono
convinto che la battaglia sarà dura e difficile e senza garanzie. Ma tutti i
mortali non hanno garanzie di sopravvivenza indefinita!
programma terapeutico |
Anche
quando fai la chemio la verità è opinabile? Non sai se funzionerà e per quanto
funzionerà, si fanno dei tentativi per prove ed errori perché il nemico è subdolo
e imprevedibile. Ma gli effetti collaterali esistono e ti rendono l'esistenza
difficile.
Le
dosi dei due chemioterapici che prendo si calcolano in base alla superficie
corporea.
L'area di superficie corporea (BSA, dall'inglese Body Surface Area) è un parametro antropometrico molto importante; conoscendolo si possono infatti stilare specifici programmi nutrizionali o farmacoterapeutici (la posologia di certi medicinali è espressa in mg per m2 di BSA). Rispetto al peso, l'area di superficie corporea rappresenta un miglior indicatore della massa metabolica, poiché meno influenzata dalla quantità di tessuto adiposo. Negli adulti, inoltre, la superficie corporea è approssimativamente proporzionale alla superficie di filtrazione glomerulare, alla volemia, alle dimensioni cardiache e ad altri parametri cardiologici.
L'area di superficie corporea (BSA, dall'inglese Body Surface Area) è un parametro antropometrico molto importante; conoscendolo si possono infatti stilare specifici programmi nutrizionali o farmacoterapeutici (la posologia di certi medicinali è espressa in mg per m2 di BSA). Rispetto al peso, l'area di superficie corporea rappresenta un miglior indicatore della massa metabolica, poiché meno influenzata dalla quantità di tessuto adiposo. Negli adulti, inoltre, la superficie corporea è approssimativamente proporzionale alla superficie di filtrazione glomerulare, alla volemia, alle dimensioni cardiache e ad altri parametri cardiologici.
L'area
di superficie corporea può essere calcolata indirettamente sulla base
dell'equazione di:
Mosteller
(standard, perché facile da ricordare): Area Superficie Corporea (m2)
= [(Altezza (cm) X Peso (kg) / 3600)]1/2
Nel mio caso: Area Superficie Corporea (mq) =
[(168 (cm) X 78 (kg) / 3600)]1/2 = 1,90 (mq)
Le dosi
La dose che mi fanno per via
endovena di cisplatino è di 150 mg per un giorno.
La dose di xeloda è di 3500 mg/die
per 14 giorni (4 pastiglie al mattino e 3 alla sera, al 2° ciclo è stata
ridotta a 3000 mg/die, 3 pastiglie al mattino e 3 alla sera, ogni pastiglia è
di 500 mg).
I dati che riporto sui due
chemioterapici li ricavo dalle schede di Torrinomedica.
Tra parentesi e in corsivo le mie spiegazioni.
Cisplatino
Cisplatino
Le società farmaceutiche che producono il Cisplatino sono: Cisplatino
DBL®, Cisplatino Pharmacia & Upjohn®, Cisplatino Segix®, Cisplatino Teva®,
Citoplatino®, Platamine®, Platinex®, Pronto Platamine®. Non so di che marca sia
il mio Cisplatino, lo chiederò alla farmacista ma utilizzo la scheda della casa farmaceutica TEVA PHARMA B.V.
Mijdrecht (Olanda).
Nella scheda tecnica è scritto che CISPLATINO TEVA è
indicato nella terapia palliativa (cura che attenua i sintomi di una malattia
ma non ne rimuove la causa) come farmaco da usarsi da solo o, più comunemente,
in associazione ad altri chemioterapici. In pazienti che sono stati sottoposti
a trattamenti chirurgici e/o radioterapeutici per: tumori del testicolo, tumori
delle ovaie, carcinomi della vescica, carcinomi della testa e del collo.
Metodo di somministrazione
La somministrazione del CISPLATINO TEVA viene
preferibilmente effettuata per infusione lenta in 6-8 ore. Tuttavia dosi fino a
60 mg/mq somministrate in 1-2 ore sono state ben tollerate.
CISPLATINO TEVA può essere diluito in soluzione salina isotonica (NaCl 0,9%) o
in soluzione fisiologica ½ N o 1/3 N contenente destrosio al 5%. Al fine di
evitare danni renali irreversibili un’abbondante diuresi deve essere favorita
prima, durante e dopo la somministrazione del farmaco. Si consiglia pertanto un
pretrattamento idratante con 1 o 2 litri di soluzione per via venosa prima
della somministrazione del CISPLATINO TEVA ed una adeguata post-idratazione
nelle 24 ore successive, con un flusso di 200 ml/h. La diuresi deve essere
mantenuta intorno ai 100-200 ml/h e nel caso si dovesse dimostrare
insufficiente è possibile aumentarla tramite la somministrazione e.v. di
mannitolo. Non devono essere effettuati trattamenti successivi con CISPLATINO
TEVA fino a che la creatinina sierica non sia al di sotto di 1,5 mg/100 ml e/o
l'azotemia non sia inferiore a 25 mg/100 ml. La somministrazione successiva non
deve essere eseguita fino a che gli elementi corpuscolati del sangue non siano
ad un livello accettabile (piastrine > 100.000/mmc; globuli bianchi >
4.000/mmc). Un esame audiometrico deve accertare valori entro i limiti della
norma prima di somministrare dosi successive del farmaco. Poiché il cisplatino
a contatto con l’alluminio si degrada, l’ago ed il set di perfusione non devono
contenere tale metallo. Come per altri prodotti potenzialmente tossici occorre
cautela nella manipolazione di CISPLATINO TEVA. Nel caso di contatto diretto
del farmaco possono verificarsi reazioni locali. E’ necessario fare uso di
guanti. Qualora CISPLATINO TEVA venisse a diretto contatto con cute o mucose,
occorre lavare immediatamente la parte con acqua e sapone.
Effetti indesiderati
Il Cisplatino è principalmente somministrato in combinazione
con altri agenti chemioterapici. A causa dell’effetto tossico associato a
questo tipo di farmaco, possono verificarsi effetti cumulativi quando qualcuno
di questi agenti viene somministrato con il cisplatino.
Nefrotossicità
I danni renali e l’insufficienza renale cumulativa del
cisplatino costituiscono la principale limitazione di dosaggio di questo
farmaco. Tossicità renale è stata notata nel 28-36% dei pazienti trattati con
una singola dose di 50 mg/mq di cisplatino. La tossicità renale si osserva
durante la seconda settimana dopo la somministrazione e si manifesta con
l’aumento dell’azotemia, creatinina, acido urico sierico e/o diminuzione della
clearance della creatinina. Sono inoltre stati osservati casi di microematuria.
La tossicità renale aumenta con ripetute somministrazioni del farmaco. Le
funzioni renali devono ritornare normali prima di ripetere la somministrazione.
L’alterazione renale può essere associata a danno tubulare. La nefrotossicità
può essere ridotta somministrando CISPLATINO TEVA con infusioni di 6-8 ore
insieme a mannitolo e liquidi idratanti. La tossicità renale tuttavia può
comparire anche con queste precauzioni.
Ototossicità
(Effetti sull'udito)
Ototossicità è stata osservata in più del 31% dei
pazienti trattati con una singola dose di CISPLATINO TEVA di 50 mg/mq e si è
manifestata con tinnito e/o perdita dell’udito nell’alta frequenza (da 4000 a
8000 Hz).
Può manifestarsi pure una diminuita capacità all’ascolto
dei normali toni della conversazione. Gli effetti ototossici si manifestano in
maniera più grave nei bambini. La perdita dell’udito può essere unilaterale o
bilaterale e tende ad aggravarsi dopo ripetute somministrazioni del farmaco.
Non è ancora chiaro se l’ototossicità indotta da CISPLATINO TEVA sia reversibile.
Ematologia
La depressione midollare può avvenire nel 25-35% dei
pazienti trattati: su alcuni pazienti si può osservare una diminuzione di
mielociti. Il massimo abbassamento delle piastrine e dei leucociti circolanti
appare tra il 18°-23° giorno (varia da 7,5 a 45); la maggior parte dei pazienti
si ristabilisce verso il 39° giorno (varia da 13 a 62). Leucopenia e
trombocitopenia sono più pronunciate a dosi più alte di 50 mg/mq. L’anemia
(diminuzione di emoglobina maggiore di 2 g/100 ml) compare approssimativamente
con la stessa frequenza e periodicità della leucopenia e trombocitopenia.
Tratto gastrointestinale
Comparsa di nausea e vomito avviene in quasi tutti i
pazienti trattati con CISPLATINO TEVA e sono a volte così forti da dover
sospendere il trattamento. Nausea e vomito di solito iniziano 1- 4 ore dopo il
trattamento e durano all’incirca 24 ore. Un certo grado di nausea ed anoressia
può persistere per una settimana dopo il trattamento.
Iperuricemia
L’iperuricemia compare approssimativamente con la stessa
frequenza dell’aumento dell’azotemia e della creatininemia. E’ più pronunciata
a dosi superiori ai 50 mg/mq e i massimi livelli di acido urico generalmente
compaiono dopo 3 o 5 giorni dalla somministrazione. Una terapia con
Allopurinolo può diminuire i livelli di acido urico.
Neurotossicità
In alcuni pazienti è stata riscontrata neurotossicità, di
solito caratterizzata da neuropatie periferiche. Sono stati anche osservati
casi di perdita del gusto e del senso dello spazio. Neuropatie da riferirsi
all’uso di CISPLATINO TEVA possono comparire dopo terapia prolungata di 4 o 7
mesi. Tuttavia sono stati osservati sintomi neurologici dopo una singola dose.
La terapia con CISPLATINO TEVA deve essere interrotta alla prima comparsa dei
sintomi di neuropatia periferica poiché tali sintomi, in alcuni pazienti,
possono rivelarsi irreversibili.
Reazioni anafilattico simili
Queste reazioni sono state occasionalmente riscontrate in
pazienti precedentemente trattati con cisplatino. Le reazioni consistono in
edema facciale, dispnea sibilante, tachicardia ed ipotensione che si
manifestano entro pochi minuti dalla somministrazione del farmaco: tali
reazioni possono essere controllate con adrenalina, corticosteroidi ed
antistaminici. Altri effetti collaterali riscontrati con minor frequenza sono
anormalità cardiaca, anoressia, SGOT elevate, flebiti locali e diminuzione
degli elettroliti plasmatici (in particolare ipomagnesiemia, ipocalcemia ed
ipokaliemia).
Carcinogenicità
Studi preliminari di carcinogenicità con cisplatino indicano
che il prodotto può essere potenzialmente carcinogenico.
Xeloda
(Capecitabina)
Compressa rivestita con film di colore pesca, di forma
biconvessa e oblunga, con impresso “500” su un lato e “Xeloda” sull’altro lato.
Xeloda è indicato per il trattamento di prima linea del
tumore gastrico avanzato in associazione con un regime a base di platino
(vedere paragrafo 5.1).
Le compresse di Xeloda devono essere ingerite con acqua
entro 30 minuti dalla fine del pasto. Il trattamento deve essere interrotto
alla comparsa di tossicità grave o di progressione della malattia.
I calcoli della dose standard e ridotta in base alla
superficie corporea per dosaggi iniziali di Xeloda di 1250 mg/m² e 1000 mg/m²
sono dettagliati rispettivamente nelle tabelle 1 e 2.
Speciali avvertenze e precauzioni per l'uso
Le tossicità che limitano il dosaggio comprendono
diarrea, dolori addominali, nausea, stomatite e sindrome mano-piede (reazione
cutanea mano-piede, eritrodisestesia palmo-plantare). La maggior parte delle
reazioni avverse è reversibile e non necessita di interruzione permanente della
terapia, anche se può rendersi necessaria una sospensione o riduzione dei
dosaggi.
Diarrea. I pazienti con diarrea grave devono
essere attentamente monitorati e, in caso di disidratazione, devono essere loro
somministrati liquidi ed elettroliti. Può essere somministrato trattamento
antidiarroico standard (ad es. loperamide). Per diarrea di grado 2 secondo i
Criteri Comuni di Tossicità del NCIC si intende un incremento da 4 a 6 scariche
al giorno o scariche notturne, per diarrea di grado 3 un incremento da 7 a 9
scariche al giorno o incontinenza e malassorbimento, e per diarrea di grado 4
un incremento superiore o uguale a 10 scariche al giorno o diarrea molto
emorragica o necessità di supporto parenterale. Se necessario si deve
effettuare una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.2).
Disidratazione. La disidratazione deve essere
prevenuta o corretta quando insorge. I pazienti con anoressia, astenia, nausea,
vomito o diarrea possono rapidamente andare incontro a disidratazione. Se si
verifica disidratazione di grado 2 (o superiore), il trattamento con Xeloda
deve essere immediatamente interrotto e la disidratazione corretta. Il
trattamento non deve essere ripreso finchè il paziente non è stato reidratato e
ogni causa precipitante corretta o controllata. Modificazioni della dose devono
essere effettuate per l’evento avverso precipitante secondo necessità (vedere
paragrafo 4.2).
Sindrome mano-piede (nota anche come reazione
cutanea mano-piede o eritrodisestesia palmo-plantare o eritema delle estremità
indotto da chemioterapia). La sindrome mano-piede di grado 1 è definita come
intorpidimento, disestesia/parestesia, formicolio, edema o eritema indolore
delle mani e/o dei piedi e/o fastidio che non impedisce il normale svolgimento
delle attività del paziente.
La sindrome mano-piede di grado 2 è definita come eritema
e edema dolorosi alle mani e/o ai piedi e/o fastidio che influisce sullo
svolgimento delle attività quotidiane del paziente.
La sindrome mano-piede di grado 3 è definita come
desquamazione umida, ulcerazione, formazione di vesciche e forti dolori alle
mani e/o ai piedi e/o grave fastidio che rende impossibile l’attività
lavorativa del paziente o lo svolgimento delle attività quotidiane. Se dovesse
verificarsi sindrome mano-piede di grado 2 o 3 sospendere la somministrazione
di Xeloda fino alla risoluzione o riduzione dell’intensità dei sintomi al grado
1. Dopo il verificarsi di sindrome mano-piede di grado 3, i dosaggi successivi
di Xeloda devono essere diminuiti. Quando Xeloda e cisplatino sono utilizzati
in associazione, non è raccomandato l’uso di vitamina B6 (piridoxina) per il
trattamento sintomatico o di profilassi secondaria della sindrome mano-piede,
in quanto casi pubblicati hanno dimostrato che può ridurre l’efficacia di
cisplatino.
Cardiotossicità .
La terapia con fluoropirimidine è stata associata a
cardiotossicità, comprendente infarto del miocardio, angina, aritmia, shock
cardiogeno, morte improvvisa e alterazioni elettrocardiografiche. Dette
reazioni avverse possono verificarsi più frequentemente nei pazienti con
precedente anamnesi di malattia dell’arteria coronarica. Aritmia cardiaca,
angina pectoris, infarto del miocardio, insufficienza cardiaca e cardiomiopatia
sono stati riportati dai pazienti che assumevano Xeloda. I pazienti con storie
significative di cardiopatia, aritmia e angina pectoris devono essere
considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).
Ipo- o ipercalemia.
Ipo- o ipercalemia è stata riportata durante il
trattamento con Xeloda. I pazienti con pre-esistente storia di ipo- o
ipercalemia devono essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).
Malattie del sistema nervoso centrale o periferico.
I pazienti affetti da malattie del sistema nervoso
centrale o periferico, per esempio metastasi cerebrale o neuropatia, devono
essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).
Diabete mellito o disturbi elettrolitici.
I pazienti affetti
da diabete mellito o disturbi elettrolitici, vista la possibilità di
aggravamento durante il trattamento con Xeloda, devono essere considerati con
cautela.
Anticoagulanti cumarino-derivati.
In uno studio sull’interazione con la somministrazione di
una singola dose di warfarin, si è registrato un significativo incremento
dell’AUC media (+57%) di S-warfarin. Questi dati suggeriscono un’interazione,
probabilmente dovuta all’inibizione dell’isoenzima 2C9 del citocromo P450 da
parte della capecitabina. I pazienti che assumono anticoagulanti orali
cumarino-derivati insieme a Xeloda devono essere monitorati regolarmente per
l’eventuale verificarsi di alterazioni dei parametri della coagulazione (INR o
PT) e il dosaggio degli anticoagulanti deve essere aggiustato di conseguenza
(vedere paragrafo 4.5).
Insufficienza epatica.
In assenza di dati sulla sicurezza e l’efficacia in
pazienti con insufficienza epatica, l’utilizzo di Xeloda deve essere
attentamente monitorato in pazienti con disfunzione epatica da lieve a
moderata, indipendentemente dalla presenza di metastasi del fegato. La
somministrazione di Xeloda deve essere interrotta se si verificano aumenti
della bilirubina, correlati al trattamento, maggiori di 3,0 x LSN o aumenti
delle aminotransferasi epatiche (ALT, AST), correlati al trattamento, maggiori
di 2,5 x LSN. Il trattamento con Xeloda in monoterapia può essere ripreso
quando la bilirubina si riduce a ≤ 3,0 x LSN o le aminotransferasi epatiche si
riducono a ≤ 2,5 x LSN.
Insufficienza renale.
L’incidenza di reazioni avverse di grado 3 o 4 in
pazienti affetti da insufficienza renale moderata (clearance della creatinina
pari a 30-50 ml/min) è maggiore rispetto alla totalità della popolazione
(vedere paragrafo 4.2 e 4.3).
Poiché questo medicinale contiene lattosio anidro come
eccipiente, pazienti affetti da rare forme ereditarie di intolleranza al
galattosio, deficit di lattasi di Lapp e malassorbimento di glucosio-galattosio
non devono assumere tale medicinale.
Carcinoma gastrico avanzato:
I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico,
randomizzato, controllato di fase III in pazienti con carcinoma gastrico
avanzato supportano l’uso di Xeloda nel trattamento di prima linea del
carcinoma gastrico avanzato (ML17032). In questo studio, 160 pazienti sono
stati randomizzati al trattamento con Xeloda (1000 mg/mq due volte al giorno
per 2 settimane seguiti da 7 giorni di riposo) e cisplatino (80 mg/m² in
infusione endovenosa di 2 ore ogni 3 settimane). Xeloda in associazione con
cisplatino ha dimostrato la non-inferiorità rispetto a 5-FU in associazione con
cisplatino in termini di sopravvivenza libera da progressione nell’analisi per
protocollo (hazard ratio 0,81; IC al 95% 0,63 - 1,04). La mediana della
sopravvivenza libera da progressione è stata di 5,6 mesi (Xeloda + cisplatino)
rispetto a 5,0 mesi (5-FU + cisplatino). L’hazard ratio per la durata della
sopravvivenza (sopravvivenza globale) è stata simile all’hazard ratio per la
sopravvivenza libera da progressione (hazard ratio 0,85; IC al 95% 0,64 -
1,13). La mediana della durata della sopravvivenza è stata di 10,5 mesi (Xeloda
+ cisplatino) rispetto a 9,3 mesi (5-FU + cisplatino).
Titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio:
Roche Registration Limited (Regno Unito)
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