martedì 1 ottobre 2013

I veleni che ti allungano la vita!?



Per "svelenire" il post una foto da N.G.
Provo a spiegare la mia situazione oncologica, è comune a molti umani. Comincio con le riflessioni che ho trovato in un sito che si batte per le cure alternative e che meritano di essere lette anche se uno non le condivide e non le ritiene scientifiche. Tra parentesi, non in corsivo, i miei commenti. Quando, secondo la medicina ufficiale, ad un paziente viene detto che ha un cancro, il poveretto (sarei io) subisce innanzitutto un violento trauma psichico che "stampa" in lui l'idea della condanna ineluttabile (è spesso vero), il che già compromette gravemente la capacità di reazione psiconeuroimmunologica. Come se non bastasse, il malcapitato (sarei io) inizia quasi sempre il calvario della chemioterapia, il che devasta il sistema immunitario, avvelena il fegato, ha forti ripercussioni sul sistema nervoso, rende debolissimi e fa vivere veramente un inferno, fra nausea, caduta dei capelli, e molto altro.
Continua l'autore: Questo accade perché i chemioterapici sono tremendi veleni cellulari: mentre da un lato effettivamente ostacolano (poco) la riproduzione delle cellule cancerose, dall'altro devastano il sistema immunitario e tutte le funzioni del corpo nel suo complesso, oltre a mantenere del tutto intatte le cause che hanno portato alla comparsa del cancro stesso. Chi fa la chemioterapia quasi sempre soffre moltissimo, e spesso muore malamente (io ho fatto la chemio due anni fa, e non sono morto, certamente morirò prima o dopo). Anche quando va bene e il cancro sembra guarito, per i vasti danni prodotti difficilmente si ha poi più la possibilità di riprendersi totalmente: prima o poi il cancro ricompare, e trovando un corpo senza più difese non lascia scampo.
L'autore fa un esempio che riguarda la mia patologia: Se per esempio un paziente viene ospedalizzato per un tumore allo stomaco, e dopo fatto il ciclo di chemioterapia esce, nelle statistiche non è considerata solo come una dimissione, ma come guarigione! Se dopo 3 mesi (nel mio caso dopo due anni) lo stesso paziente ritorna con un tumore al fegato (probabilmente scatenato dalla chemioterapia) il caso non sarà riaperto e ricollegato all'altro, ma sarà considerato come nuovo! (Nel mio caso è stata definita progressione di malattia)
Conclude il curatore del sito: La sconcertante realtà che si evince dalle statistiche correttamente eseguite è che, quasi sempre, chi non fa la chemioterapia vive più a lungo di chi non fa nessuna terapia!!! (non ci credo!!) E inoltre, sempre dai veri dati, risulta che l´aggressività di un tumore recidivante diventa esponenziale dopo la chemioterapia, e se poi ricompare c'è ben poco da fare, in un organismo compromesso dal veleno. Non fatevi fregare.
Mi stanno fregando, spero proprio di no! Mi fido dei miei oncologi, anche se sono convinto che la battaglia sarà dura e difficile e senza garanzie. Ma tutti i mortali non hanno garanzie di sopravvivenza indefinita!
programma terapeutico
Dopo la scoperta della recidiva al fegato, non credo sia stata scatenata dalla chemio adiuvante ma da una ripresa della malattia, mi hanno proposto di tentare di arrestare la ricomparsa del cancer con un protocollo che si basa su due chemioterapici: Cisplatino + Capecitabina  (Xeloda). Se non funzionerà, dopo quattro cicli di 21 giorni, mi sottoporranno  ad altri protocolli. Mi aspetta un futuro per niente roseo. Ma così è se vi pare, direbbe Pirandello. Secondo il premio Nobel siciliano, essendo il reale inconoscibile, ognuno può dare una propria interpretazione, che quasi sempre non coincide con quella degli altri. Si genera così un relativismo delle forme, delle convenzioni e dell'esteriorità, un'impossibilità a conoscere la verità assoluta.
Anche quando fai la chemio la verità è opinabile? Non sai se funzionerà e per quanto funzionerà, si fanno dei tentativi per prove ed errori perché il nemico è subdolo e imprevedibile. Ma gli effetti collaterali esistono e ti rendono l'esistenza difficile.
Le dosi dei due chemioterapici che prendo si calcolano in base alla superficie corporea.
L'area di superficie corporea (BSA, dall'inglese Body Surface Area) è un parametro antropometrico molto importante; conoscendolo si possono infatti stilare specifici programmi nutrizionali o farmacoterapeutici (la posologia di certi medicinali è espressa in mg per m2 di BSA). Rispetto al peso, l'area di superficie corporea rappresenta un miglior indicatore della massa metabolica, poiché meno influenzata dalla quantità di tessuto adiposo. Negli adulti, inoltre, la superficie corporea è approssimativamente proporzionale alla superficie di filtrazione glomerulare, alla volemia, alle dimensioni cardiache e ad altri parametri cardiologici. 
L'area di superficie corporea può essere calcolata indirettamente sulla base dell'equazione di:
Mosteller (standard, perché facile da ricordare): Area Superficie Corporea (m2) = [(Altezza (cm) X Peso (kg) / 3600)]1/2
Nel mio caso: Area Superficie Corporea (mq) = [(168 (cm) X 78 (kg) / 3600)]1/2 = 1,90 (mq)
Le dosi
La dose che mi fanno per via endovena di cisplatino è di 150 mg per un giorno.
La dose di xeloda è di 3500 mg/die per 14 giorni (4 pastiglie al mattino e 3 alla sera, al 2° ciclo è stata ridotta a 3000 mg/die, 3 pastiglie al mattino e 3 alla sera, ogni pastiglia è di 500 mg).
I dati che riporto sui due chemioterapici li ricavo dalle schede di Torrinomedica.
Tra parentesi e in corsivo le mie spiegazioni. 
Cisplatino


Le società farmaceutiche che producono il Cisplatino sono: Cisplatino DBL®, Cisplatino Pharmacia & Upjohn®, Cisplatino Segix®, Cisplatino Teva®, Citoplatino®, Platamine®, Platinex®, Pronto Platamine®. Non so di che marca sia il mio Cisplatino, lo chiederò alla farmacista ma utilizzo la scheda della casa farmaceutica TEVA PHARMA B.V. Mijdrecht (Olanda).
Nella scheda tecnica è scritto che CISPLATINO TEVA è indicato nella terapia palliativa (cura che attenua i sintomi di una malattia ma non ne rimuove la causa) come farmaco da usarsi da solo o, più comunemente, in associazione ad altri chemioterapici. In pazienti che sono stati sottoposti a trattamenti chirurgici e/o radioterapeutici per: tumori del testicolo, tumori delle ovaie, carcinomi della vescica, carcinomi della testa e del collo.
Metodo di somministrazione
La somministrazione del CISPLATINO TEVA viene preferibilmente effettuata per infusione lenta in 6-8 ore. Tuttavia dosi fino a 60 mg/mq somministrate in 1-2 ore sono state ben tollerate. CISPLATINO TEVA può essere diluito in soluzione salina isotonica (NaCl 0,9%) o in soluzione fisiologica ½ N o 1/3 N contenente destrosio al 5%. Al fine di evitare danni renali irreversibili un’abbondante diuresi deve essere favorita prima, durante e dopo la somministrazione del farmaco. Si consiglia pertanto un pretrattamento idratante con 1 o 2 litri di soluzione per via venosa prima della somministrazione del CISPLATINO TEVA ed una adeguata post-idratazione nelle 24 ore successive, con un flusso di 200 ml/h. La diuresi deve essere mantenuta intorno ai 100-200 ml/h e nel caso si dovesse dimostrare insufficiente è possibile aumentarla tramite la somministrazione e.v. di mannitolo. Non devono essere effettuati trattamenti successivi con CISPLATINO TEVA fino a che la creatinina sierica non sia al di sotto di 1,5 mg/100 ml e/o l'azotemia non sia inferiore a 25 mg/100 ml. La somministrazione successiva non deve essere eseguita fino a che gli elementi corpuscolati del sangue non siano ad un livello accettabile (piastrine > 100.000/mmc; globuli bianchi > 4.000/mmc). Un esame audiometrico deve accertare valori entro i limiti della norma prima di somministrare dosi successive del farmaco. Poiché il cisplatino a contatto con l’alluminio si degrada, l’ago ed il set di perfusione non devono contenere tale metallo. Come per altri prodotti potenzialmente tossici occorre cautela nella manipolazione di CISPLATINO TEVA. Nel caso di contatto diretto del farmaco possono verificarsi reazioni locali. E’ necessario fare uso di guanti. Qualora CISPLATINO TEVA venisse a diretto contatto con cute o mucose, occorre lavare immediatamente la parte con acqua e sapone.
Effetti indesiderati
Il Cisplatino è principalmente somministrato in combinazione con altri agenti chemioterapici. A causa dell’effetto tossico associato a questo tipo di farmaco, possono verificarsi effetti cumulativi quando qualcuno di questi agenti viene somministrato con il cisplatino.
Nefrotossicità
I danni renali e l’insufficienza renale cumulativa del cisplatino costituiscono la principale limitazione di dosaggio di questo farmaco. Tossicità renale è stata notata nel 28-36% dei pazienti trattati con una singola dose di 50 mg/mq di cisplatino. La tossicità renale si osserva durante la seconda settimana dopo la somministrazione e si manifesta con l’aumento dell’azotemia, creatinina, acido urico sierico e/o diminuzione della clearance della creatinina. Sono inoltre stati osservati casi di microematuria. La tossicità renale aumenta con ripetute somministrazioni del farmaco. Le funzioni renali devono ritornare normali prima di ripetere la somministrazione. L’alterazione renale può essere associata a danno tubulare. La nefrotossicità può essere ridotta somministrando CISPLATINO TEVA con infusioni di 6-8 ore insieme a mannitolo e liquidi idratanti. La tossicità renale tuttavia può comparire anche con queste precauzioni.
Ototossicità  (Effetti sull'udito)
Ototossicità è stata osservata in più del 31% dei pazienti trattati con una singola dose di CISPLATINO TEVA di 50 mg/mq e si è manifestata con tinnito e/o perdita dell’udito nell’alta frequenza (da 4000 a 8000 Hz).
Può manifestarsi pure una diminuita capacità all’ascolto dei normali toni della conversazione. Gli effetti ototossici si manifestano in maniera più grave nei bambini. La perdita dell’udito può essere unilaterale o bilaterale e tende ad aggravarsi dopo ripetute somministrazioni del farmaco. Non è ancora chiaro se l’ototossicità indotta da CISPLATINO TEVA sia reversibile.
Ematologia
La depressione midollare può avvenire nel 25-35% dei pazienti trattati: su alcuni pazienti si può osservare una diminuzione di mielociti. Il massimo abbassamento delle piastrine e dei leucociti circolanti appare tra il 18°-23° giorno (varia da 7,5 a 45); la maggior parte dei pazienti si ristabilisce verso il 39° giorno (varia da 13 a 62). Leucopenia e trombocitopenia sono più pronunciate a dosi più alte di 50 mg/mq. L’anemia (diminuzione di emoglobina maggiore di 2 g/100 ml) compare approssimativamente con la stessa frequenza e periodicità della leucopenia e trombocitopenia.
Tratto gastrointestinale
Comparsa di nausea e vomito avviene in quasi tutti i pazienti trattati con CISPLATINO TEVA e sono a volte così forti da dover sospendere il trattamento. Nausea e vomito di solito iniziano 1- 4 ore dopo il trattamento e durano all’incirca 24 ore. Un certo grado di nausea ed anoressia può persistere per una settimana dopo il trattamento.
Iperuricemia
L’iperuricemia compare approssimativamente con la stessa frequenza dell’aumento dell’azotemia e della creatininemia. E’ più pronunciata a dosi superiori ai 50 mg/mq e i massimi livelli di acido urico generalmente compaiono dopo 3 o 5 giorni dalla somministrazione. Una terapia con Allopurinolo può diminuire i livelli di acido urico.
Neurotossicità
In alcuni pazienti è stata riscontrata neurotossicità, di solito caratterizzata da neuropatie periferiche. Sono stati anche osservati casi di perdita del gusto e del senso dello spazio. Neuropatie da riferirsi all’uso di CISPLATINO TEVA possono comparire dopo terapia prolungata di 4 o 7 mesi. Tuttavia sono stati osservati sintomi neurologici dopo una singola dose. La terapia con CISPLATINO TEVA deve essere interrotta alla prima comparsa dei sintomi di neuropatia periferica poiché tali sintomi, in alcuni pazienti, possono rivelarsi irreversibili.
Reazioni anafilattico simili
Queste reazioni sono state occasionalmente riscontrate in pazienti precedentemente trattati con cisplatino. Le reazioni consistono in edema facciale, dispnea sibilante, tachicardia ed ipotensione che si manifestano entro pochi minuti dalla somministrazione del farmaco: tali reazioni possono essere controllate con adrenalina, corticosteroidi ed antistaminici. Altri effetti collaterali riscontrati con minor frequenza sono anormalità cardiaca, anoressia, SGOT elevate, flebiti locali e diminuzione degli elettroliti plasmatici (in particolare ipomagnesiemia, ipocalcemia ed ipokaliemia).
Carcinogenicità
Studi preliminari di carcinogenicità con cisplatino indicano che il prodotto può essere potenzialmente carcinogenico.
Xeloda (Capecitabina)
Compressa rivestita con film di colore pesca, di forma biconvessa e oblunga, con impresso “500” su un lato e “Xeloda” sull’altro lato.
Xeloda è indicato per il trattamento di prima linea del tumore gastrico avanzato in associazione con un regime a base di platino (vedere paragrafo 5.1).
Le compresse di Xeloda devono essere ingerite con acqua entro 30 minuti dalla fine del pasto. Il trattamento deve essere interrotto alla comparsa di tossicità grave o di progressione della malattia.
I calcoli della dose standard e ridotta in base alla superficie corporea per dosaggi iniziali di Xeloda di 1250 mg/m² e 1000 mg/m² sono dettagliati rispettivamente nelle tabelle 1 e 2.
Speciali avvertenze e precauzioni per l'uso
Le tossicità che limitano il dosaggio comprendono diarrea, dolori addominali, nausea, stomatite e sindrome mano-piede (reazione cutanea mano-piede, eritrodisestesia palmo-plantare). La maggior parte delle reazioni avverse è reversibile e non necessita di interruzione permanente della terapia, anche se può rendersi necessaria una sospensione o riduzione dei dosaggi.
Diarrea. I pazienti con diarrea grave devono essere attentamente monitorati e, in caso di disidratazione, devono essere loro somministrati liquidi ed elettroliti. Può essere somministrato trattamento antidiarroico standard (ad es. loperamide). Per diarrea di grado 2 secondo i Criteri Comuni di Tossicità del NCIC si intende un incremento da 4 a 6 scariche al giorno o scariche notturne, per diarrea di grado 3 un incremento da 7 a 9 scariche al giorno o incontinenza e malassorbimento, e per diarrea di grado 4 un incremento superiore o uguale a 10 scariche al giorno o diarrea molto emorragica o necessità di supporto parenterale. Se necessario si deve effettuare una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.2).
Disidratazione. La disidratazione deve essere prevenuta o corretta quando insorge. I pazienti con anoressia, astenia, nausea, vomito o diarrea possono rapidamente andare incontro a disidratazione. Se si verifica disidratazione di grado 2 (o superiore), il trattamento con Xeloda deve essere immediatamente interrotto e la disidratazione corretta. Il trattamento non deve essere ripreso finchè il paziente non è stato reidratato e ogni causa precipitante corretta o controllata. Modificazioni della dose devono essere effettuate per l’evento avverso precipitante secondo necessità (vedere paragrafo 4.2).
Sindrome mano-piede (nota anche come reazione cutanea mano-piede o eritrodisestesia palmo-plantare o eritema delle estremità indotto da chemioterapia). La sindrome mano-piede di grado 1 è definita come intorpidimento, disestesia/parestesia, formicolio, edema o eritema indolore delle mani e/o dei piedi e/o fastidio che non impedisce il normale svolgimento delle attività del paziente.
La sindrome mano-piede di grado 2 è definita come eritema e edema dolorosi alle mani e/o ai piedi e/o fastidio che influisce sullo svolgimento delle attività quotidiane del paziente.
La sindrome mano-piede di grado 3 è definita come desquamazione umida, ulcerazione, formazione di vesciche e forti dolori alle mani e/o ai piedi e/o grave fastidio che rende impossibile l’attività lavorativa del paziente o lo svolgimento delle attività quotidiane. Se dovesse verificarsi sindrome mano-piede di grado 2 o 3 sospendere la somministrazione di Xeloda fino alla risoluzione o riduzione dell’intensità dei sintomi al grado 1. Dopo il verificarsi di sindrome mano-piede di grado 3, i dosaggi successivi di Xeloda devono essere diminuiti. Quando Xeloda e cisplatino sono utilizzati in associazione, non è raccomandato l’uso di vitamina B6 (piridoxina) per il trattamento sintomatico o di profilassi secondaria della sindrome mano-piede, in quanto casi pubblicati hanno dimostrato che può ridurre l’efficacia di cisplatino.
Cardiotossicità .
La terapia con fluoropirimidine è stata associata a cardiotossicità, comprendente infarto del miocardio, angina, aritmia, shock cardiogeno, morte improvvisa e alterazioni elettrocardiografiche. Dette reazioni avverse possono verificarsi più frequentemente nei pazienti con precedente anamnesi di malattia dell’arteria coronarica. Aritmia cardiaca, angina pectoris, infarto del miocardio, insufficienza cardiaca e cardiomiopatia sono stati riportati dai pazienti che assumevano Xeloda. I pazienti con storie significative di cardiopatia, aritmia e angina pectoris devono essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).
Ipo- o ipercalemia.
Ipo- o ipercalemia è stata riportata durante il trattamento con Xeloda. I pazienti con pre-esistente storia di ipo- o ipercalemia devono essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).
Malattie del sistema nervoso centrale o periferico.
I pazienti affetti da malattie del sistema nervoso centrale o periferico, per esempio metastasi cerebrale o neuropatia, devono essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).
Diabete mellito o disturbi elettrolitici.
 I pazienti affetti da diabete mellito o disturbi elettrolitici, vista la possibilità di aggravamento durante il trattamento con Xeloda, devono essere considerati con cautela.
Anticoagulanti cumarino-derivati.
In uno studio sull’interazione con la somministrazione di una singola dose di warfarin, si è registrato un significativo incremento dell’AUC media (+57%) di S-warfarin. Questi dati suggeriscono un’interazione, probabilmente dovuta all’inibizione dell’isoenzima 2C9 del citocromo P450 da parte della capecitabina. I pazienti che assumono anticoagulanti orali cumarino-derivati insieme a Xeloda devono essere monitorati regolarmente per l’eventuale verificarsi di alterazioni dei parametri della coagulazione (INR o PT) e il dosaggio degli anticoagulanti deve essere aggiustato di conseguenza (vedere paragrafo 4.5).
Insufficienza epatica.
In assenza di dati sulla sicurezza e l’efficacia in pazienti con insufficienza epatica, l’utilizzo di Xeloda deve essere attentamente monitorato in pazienti con disfunzione epatica da lieve a moderata, indipendentemente dalla presenza di metastasi del fegato. La somministrazione di Xeloda deve essere interrotta se si verificano aumenti della bilirubina, correlati al trattamento, maggiori di 3,0 x LSN o aumenti delle aminotransferasi epatiche (ALT, AST), correlati al trattamento, maggiori di 2,5 x LSN. Il trattamento con Xeloda in monoterapia può essere ripreso quando la bilirubina si riduce a ≤ 3,0 x LSN o le aminotransferasi epatiche si riducono a ≤ 2,5 x LSN.
Insufficienza renale.
L’incidenza di reazioni avverse di grado 3 o 4 in pazienti affetti da insufficienza renale moderata (clearance della creatinina pari a 30-50 ml/min) è maggiore rispetto alla totalità della popolazione (vedere paragrafo 4.2 e 4.3).
Poiché questo medicinale contiene lattosio anidro come eccipiente, pazienti affetti da rare forme ereditarie di intolleranza al galattosio, deficit di lattasi di Lapp e malassorbimento di glucosio-galattosio non devono assumere tale medicinale.
Carcinoma gastrico avanzato:
I dati che derivano da uno studio clinico multicentrico, randomizzato, controllato di fase III in pazienti con carcinoma gastrico avanzato supportano l’uso di Xeloda nel trattamento di prima linea del carcinoma gastrico avanzato (ML17032). In questo studio, 160 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con Xeloda (1000 mg/mq due volte al giorno per 2 settimane seguiti da 7 giorni di riposo) e cisplatino (80 mg/m² in infusione endovenosa di 2 ore ogni 3 settimane). Xeloda in associazione con cisplatino ha dimostrato la non-inferiorità rispetto a 5-FU in associazione con cisplatino in termini di sopravvivenza libera da progressione nell’analisi per protocollo (hazard ratio 0,81; IC al 95% 0,63 - 1,04). La mediana della sopravvivenza libera da progressione è stata di 5,6 mesi (Xeloda + cisplatino) rispetto a 5,0 mesi (5-FU + cisplatino). L’hazard ratio per la durata della sopravvivenza (sopravvivenza globale) è stata simile all’hazard ratio per la sopravvivenza libera da progressione (hazard ratio 0,85; IC al 95% 0,64 - 1,13). La mediana della durata della sopravvivenza è stata di 10,5 mesi (Xeloda + cisplatino) rispetto a 9,3 mesi (5-FU + cisplatino).
Titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio: Roche Registration Limited (Regno Unito)

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