D - la Repubblica delle donne è un inserto del sabato del
quotidiano la Repubblica, che tratta di moda, lavoro, società e cultura. Trovo nell'inserto di sabato 5 ottobre 2013 il seguente articolo dal titolo: Così non avrò più Paura.
Sottotitolo: Prendereste
medicine prima di ammalarvi, se servisse a evitare un tumore? O meglio, se
servisse ad abbassare il rischio di incorrere in una diagnosi di tumore? di Gina Pavone (Mi
sono permesso di linkare alcune parole).
Quella di cui vi vogliamo parlare è una scelta discussa,
ma che già stanno valutando donne statunitensi, canadesi e da poco anche
inglesi, cercando di soppesare eventuali benefici con i possibili effetti
collaterali. A giugno il National
Institute for Health and Care Excellance (Nice) ha autorizzato il sistema sanitario
pubblico a prescrivere, per un uso preventivo contro il tumore alla mammella, Tamoxifene
e Raloxifene,
due farmaci già noti e in commercio, ma prescritti finora solo per la cura di
neoplasie al seno già presenti. Un approccio, quello della farmacologia
preventiva in ambito oncologico, già seguito negli Stati Uniti e in Canada.
Finora i farmaci oncologici sono stati usati come cura, ma la ricerca da tempo
valuta l'efficacia di una loro assunzione anche in via cautelativa, orientata
cioè a evitare diagnosi spaventose. E in alcuni paesi si comincia a seguire
questa indicazione, proprio a partire dai farmaci per il tumore alla mammella,
anche se dubbi e cautele ovviamente non mancano.
«Il tumore del seno
costituisce ancora oggi il 30% di tutte le neoplasie femminili, ma non si
tratta di un'unica malattia, assoggettata allo stesso tipo di approccio»,
osserva Paolo Veronesi, presidente della fondazione Veronesi e direttore
dell'Unità di chirurgia senologica integrata dell'Istituto Europeo di
Oncologia. «Oggi la medicina della
prevenzione punta a studiare più a fondo la natura bio-molecolare del cancro,
perché è ormai chiaro che i tumori, anche quelli tra loro simili, sono molto
diversi da un punto di vista molecolare, e indagarne le caratteristiche
biologiche è indispensabile per capire i meccanismi che portano alla sua
insorgenza». Conoscenze determinanti per definire le strategie di
prevenzione, specifica ancora Veronesi, che vanno «da un corretto stile di vita fino a una prevenzione farmacologica, già
studiata per alcuni tumori come quelli della mammella e dell'intestino, e in
casi estremi a una prevenzione chirurgica, rimuovendo l'organo a rischio, ad
esempio mammelle ed ovaie nelle donne con mutazione dei geni BRCA 1 o BRCA 2».
Tamoxifene e Raloxifene sono molecole che impediscono
l'azione degli estrogeni sulle mammelle, proteggendole dall'insorgenza di
alcuni tipi di tumori. Un'altra categoria di farmaci già in uso per la cura del
tumore del seno e di cui è stata osservata un'azione preventiva sono i
cosiddetti inibitori dell'aromatasi, come l'Exemestane,
farmaci che impediscono l'aromatizzazione degli ormoni maschili in ormoni
femminili, dunque la sintesi degli estrogeni.
«Di recente è stata
pubblicata su Lancet una revisione degli studi sulla sperimentazione del Tamoxifene
sulle donne ancora sane, da cui è emerso che l'uso quotidiano della molecola
per cinque anni riduce del 40% la probabilità di ammalarsi, vantaggio che si
mantiene nell'ordine di un 25% anche dopo la sospensione del trattamento»,
spiega Andrea De Censi, direttore della divisione di oncologia medica degli
Ospedali Galliera di Genova, e autore di alcuni studi sul tema finanziati
dall'Airc, l'associazione italiana per la ricerca sul cancro. Secondo De Censi,
«Il concetto è lo stesso della
prevenzione delle malattie cardiovascolari: non aspettare di avere il cancro,
per poi sottoporsi a una chemioterapia aggressiva, ma agire prima che la
malattia insorga, come fanno i cardiologi con chi ha la pressione o il
colesterolo alti». In sostanza sarebbe un approccio più soft, con minori
profili di tossicità, rispetto alle cure che sono necessarie una volta
ammalati.
«L'uso preventivo
dei farmaci è una strategia interessante, ma di cui bisogna valutare anche gli
aspetti negativi, a cominciare dagli effetti collaterali», sottolinea
Franco Berrino, oncologo e consulente della Direzione scientifica dell'Istituto
nazionale tumori di Milano. «Per il Tamoxifene
si tratta di un leggero aumento dei tumori all'endometrio, un certo grado di
tossicità epatica e la possibilità di trombosi venosa. Il Raloxifene presenta
gli stessi effetti collaterali, anche se in misura un po' ridotta, mentre gli
inibitori dell'aromatasi possono creare problemi di osteoporosi. I possibili
benefici vanno dunque soppesati con i rischi di complicazioni, valutando caso
per caso», osserva Berrino. Un
altro aspetto controverso è l'estensione che dovrebbero raggiungere i
trattamenti preventivi: «Per evitare un
caso di tumore, si dovrebbero trattare centinaia di donne che non si sarebbero
ammalate mai», sottolinea Berrino, che
aggiunge: «Dipende dalla sensibilità
delle persone, molti sono disposti a correre i rischi di effetti collaterali
invece di modificare il proprio stile di vita, un po' come succede per i
farmaci perla prevenzione delle malattie cardio-vascolari». Inoltre
anticipare l'assunzione delle pillole non è sempre detto che sia una valida
alternativa alla mastectomia preventiva o al monitoraggio costante,
raccomandati alle donne ad alto rischio genetico.
«I farmaci a disposizione vanno bene per i tumori positivi ai recettori di
estrogeni, mentre gran parte delle neoplasie legate alla mutazione dei geni RCA
sono negativi», sottolinea Berrino.
Ma come selezionare
le donne che, ancora sane, dovrebbero valutare la possibilità di assumere
il farmaco in via cautelativa? «Ci sono
due gruppi di donne per cui si potrebbe valutare questa scelta: quelle a
rischio medio-alto, per familiarità, perché hanno avuto una biopsia a un seno fibrocistico,
o che hanno avuto tardi la prima gravidanza; e le donne a rischio altissimo,
quelle che hanno ereditato una mutazione genetica, che però sono una
piccolissima minoranza: mentre le prime sono un 15%, queste meno dell' 1%»,
spiega De Censi. «Conosciamo pochi geni
legati allo sviluppo di questo tumore. La ricerca punta a scoprire altri importanti fattori genetici, che potrebbero diventare nuovi
target di screening e trattamento farmacologico», spiega Matteo Cereda,
ingegnere biomedico e ricercatore dell'Istituto Europeo di Oncologia. «Prima di valutare l'assunzione di un
farmaco ci sono tante cose che si possono fare per favorire la prevenzione dei
tumori», osserva Berrino, riassumendo le coordinate di un corretto stile di
vita: alimentazione sana e controllo del peso
corporeo, fare movimento, non fumare e ridurre l'alcol, che è associato
al tumore della mammella perché aumenta i livelli di ormoni sessuali maschili
nel sangue.
Evitare le esposizioni alle radiazioni, per esempio con le radiografie, per
bambine e adolescenti, e valutare con attenzione i farmaci ormonali, dalla
pillola anticoncezionale - «associata a
un piccolo aumento dei tumori al seno ma anche a una notevole protezione di
quelli all'ovaio», osserva Berrino - e la terapia ormonale sostitutiva per
la menopausa, «che invece mostra una
correlazione chiara con il tumore al seno». Anche le donne con
predisposizione genetica possono cercare di fare qualcosa: su questo gruppo,
l'Istituto nazionale dei tumori di Milano sta reclutando donne da sottoporre a
una sperimentazione su base alimentare: «l'ipotesi
è che una minore assunzione di proteine, e in particolare di quelle del latte,
faccia diminuire la disponibilità del fattore di crescita Igf-1, che in
quantità troppo elevate aumenta il rischio di tumore».
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