la figura è tratta dalla rivista scientifica Oncogene |
Dopo aver scritto post sul tema del paziente esperto e
del paziente empowered, nell'ottica dell'informazione come cura, affronto il tema degli oncogeni e degli oncosoppressori, tratti dall'enciclopedia Treccani.it.
(vedi post: British Medical Journal: "Che la
rivoluzione dei pazienti abbia inizio"; Gavino
Maciocco: "The patient evolution" - "Niente che mi riguarda può
essere fatto senza di me”)
In genetica, gene che può potenzialmente indurre trasformazione neoplastica nelle cellule che lo contengono o nelle cellule dove viene introdotto. oncogeni e oncosoppressori - approfondimento di Carla Boccaccio, Paolo M. Comoglio (Enciclopedia della Scienza e della Tecnica) come si guastano i geni responsabili del cancro. Tutto il nostro patrimonio genetico è soggetto a danni che ne minacciano l’integrità e che rischiano di distruggere o distorcere le informazioni per la costruzione e il mantenimento delle cellule e, in definitiva, dell’intero organismo... Leggi
In genetica molecolare, gene che regola la proliferazione delle cellule, anche noto come antioncogene. Gli eventi che portano le cellule normali alla trasformazione neoplastica sono determinati da mutazioni in due classi di geni, i protooncogeni e gli oncosoppressori. I protooncogeni favoriscono la crescita cellulare, mentre gli antioncogeni la inibiscono. Nella maggior parte delle forme ereditarie di tumore sono presenti mutazioni dei geni oncosoppressori. Un individuo può... Leggi
Riporto alcune parti dell'articolo di Sergio Nasi - Treccani.it (…) In definitiva, il cancro è una malattia delle cellule
di diversi tessuti, dovuta al malfunzionamento dei circuiti genetici che ne
controllano la sopravvivenza, la proliferazione, lo sviluppo e il comportamento
sociale, cioè l’invasività. Ma come possono andare fuori controllo questi
circuiti così sofisticati? Semplificando, si può paragonare una cellula a
un’automobile, che può andare fuori controllo se si accelera troppo o si rompe
un freno: le alterazioni riscontrate nel cancro a carico di vari geni hanno
effetti paragonabili, in quanto i geni acceleratori sono gli oncogeni, mentre
quelli con funzione di freno sono i soppressori tumorali o antioncogeni. (…)
La storia dei
geni del cancro
C’è voluto molto tempo per elaborare questi concetti che
sembrano così semplici e quasi scontati. La connessione tra cancro e geni è
nascosta dal fatto che molti tumori sono dovuti a fattori ambientali. Già alla
fine del 18° sec. Percivall Pott comprese che il
carcinoma dello scroto, una malattia frequente negli spazzacamini, era causato
dai prodotti della combustione del carbone fossile, come il catrame, e nella
seconda metà del 19° sec. Richard von Volkmann scoprì che
il catrame era responsabile di tumori cutanei anche in altri lavoratori. La
relazione tra amianto e cancro umano fu descritta nel 1907
sulla base di evidenze cliniche; sono inoltre noti fin da tempi lontani gli
effetti cancerogeni del tabacco da fiuto, per es. per il cancro del naso. Il
fumo di sigaretta, il catrame e vari prodotti di combustione contengono
benzopireni che sono coinvolti nella loro attività carcinogenica. La relazione
tra geni e cancro apparve più chiara quando si capì che i benzopireni e
numerose altre sostanze, come benzene, cloruro di vinile, arsenico, cromo, sono
cancerogene in quanto provocano lesioni sul DNA (DeoxyriboNucleic
Acid). Ma la prova del nove per una malattia genetica è
l’ereditarietà. Il cancro in genere non è ereditario, in quanto nella grande
maggioranza dei casi le alterazioni geniche che lo causano non sono presenti
nelle cellule germinali, e quindi non sono ereditabili, ma avvengono dopo il
concepimento, nelle cellule ‘adulte’, quelle somatiche. Ciò implica che gran
parte dei tumori sono riconducibili a fattori di rischio ambientali: sostanze
nocive, quali fumo, inquinanti atmosferici e radiazioni, o determinati
comportamenti, per es. una cattiva alimentazione.
Tuttavia, esistono numerosi tumori con una forte
componente ereditaria. Il primo esempio individuato fu quello del cancro al
seno, del quale già gli antichi romani sembra avessero notato la ricorrenza
familiare. Ma il contributo decisivo in materia risale alla metà del 19° sec., quando il medico e neurofisiologo Paul Broca osservò
che nella famiglia di sua moglie, nel corso di quattro generazioni, ben 10 donne su 24 erano morte di cancro al
seno e molti altri individui di ambo i sessi avevano sofferto di altri tumori.
Ne concluse che ciò non era attribuibile al caso. Oltre cento anni dopo sono
stati identificati due geni, Brca1 e 2, che
predispongono al cancro al seno. Un altro caso famoso fu scoperto
dall’oftalmologo brasiliano Hilário de Gouvêa quando, nel 1872,
praticò un’enucleazione (rimozione dell’occhio) a un ragazzo con un tumore
della retina, il retinoblastoma. Il ragazzo si sposò poi con una donna senza
casi di cancro in famiglia. La coppia ebbe due figlie, entrambe affette da
retinoblastoma bilaterale. Anche per il melanoma, uno studio epidemiologico del
1820 aveva descritto una famiglia che andava soggetta a
lesioni della pelle. Si sa ora che la presenza di un tipo di neo, il nevo displastico,
può portare a un melanoma maligno, e si è identificato un gene, p16, che predispone alla malattia.
Nei tumori ereditari, una delle lesioni genetiche
necessarie allo sviluppo del tumore viene trasmessa attraverso la linea
germinale, ed è perciò presente in tutte le cellule dell’individuo. A
differenza dei casi sporadici, cioè non ereditari, i tumori ereditari si
caratterizzano per l’età precoce di insorgenza, la presenza di lesioni
neoplastiche in diversi organi o di lesioni bilaterali in caso di organi pari
come occhi e reni, e l’associazione con altre patologie; tuttavia non tutti gli
individui che ereditano il gene malato sviluppano la malattia. Solo
l’identificazione dei geni coinvolti nel cancro è stata in grado di dare
sostanza a tutte queste osservazioni.
Di estrema importanza fu la scoperta che fece Francis Peyton Rous nel 1910 di un virus oncogeno in grado di causare nei polli un cancro del tessuto connettivo, il sarcoma. Il virus del sarcoma di Rous (Rous sarcoma virus, RSV) fu il prototipo di una famiglia di piccoli virus con genoma a RNA (RiboNucleic Acid), i retrovirus, molti dei quali capaci di provocare diversi tumori negli animali. Esistono anche numerosi virus oncogeni con genoma a DNA, come i virus papova (papilloma; polioma; SV40, Simian Virus 40) e il virus di Epstein Barr. I virus più piccoli sia a DNA sia a RNA, come i retrovirus, contengono un numero molto limitato di geni, e fu quindi relativamente facile identificare quelli responsabili delle proprietà oncogene. Nei virus a DNA sono, per es., l’antigene T del polioma e di SV40 e le proteine E6 ed E7 del virus papilloma. Anche se nell’uomo la gran parte dei tumori non è provocata da virus, questi ultimi sono però coinvolti nel 10-15% dei casi. Per es., il virus di Epstein Barr è implicato in alcuni linfomi, e il virus papilloma umano, genotipi 16-18, è responsabile di molti casi di carcinoma dell’utero. Il vaccino contro la proteina dell’involucro virale dei virus papilloma umani è usato per la prevenzione del tumore. Harald zur Hausen è stato insignito del premio Nobel per la medicina o la fisiologia nel 2008 per la scoperta delle capacità oncogene dei virus papilloma umani. Il primo oncogene fu isolato nel 1970 dal retrovirus RSV e fu chiamato Src. Fu sorprendente scoprire che Src è in realtà un normale gene cellulare che il virus cattura dalle cellule infettate e poi si converte in gene del cancro per mezzo di mutazioni. La proteina codificata da Src è una tirosinachinasi: rispetto al normale gene Src presente in tutte le cellule, il gene Src del virus oncogeno presenta mutazioni che causano un’attività chinasica maggiore e sregolata. Anche tutti gli altri oncogeni dei retrovirus, come Myc, Ras, Abl, Fos, sono normali geni cellulari modificati.
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