martedì 18 marzo 2014

Terzani: viaggiare non serve. Se uno non ha niente dentro, non troverà mai niente fuori



Tiziano Terzani sull'Himalaya
Quest'anno ricorrono 10 anni dalla morte di Tiziano Terzani. Angela Terzani Staude, sua moglie, scrive in una lettera pubblicata nel libro, dal titolo "Un’idea di destino", che contiene i diari privati che Terzani ha tenuto dal 1984 fino alla sua scomparsa nel luglio 2004: Cari lettori, nel 2014 cade il decennale della morte di Tiziano e la cosa straordinaria per me è che possa esserci un decennale. Dieci anni “dopo” il passato di solito è dimenticato, mentre nel caso di Tiziano la cerchia dei suoi estimatori si è enormemente allargata e la notizia del “decennale” li coinvolge, li commuove…
Ho ascoltato anche l'ultima intervista di Tiziano Terzani (Firenze, 14 settembre 1938 – Orsigna, 28 luglio 2004) dal titolo: Anan, il senzanome (è vedibile interamente su Youtube). L'intervista realizzata dal regista Mario Zanot nel maggio 2004, è l'ultima testimonianza filmata di Tiziano Terzani, scomparso poco tempo dopo, il 28 luglio, proprio nel suo ritiro dell'Orsigna, sulle montagne toscane, dove si sono svolte le riprese.
Secondo me sperare di guarire da un cancer è auspicabile ed è possibile a qualsiasi età, ma lo è in particolare quando si è giovani e quando si hanno dei figli giovani. Ma per Terzani, morto a 66 anni, no! Non vuole aggiungere anni alla sua vita, anche volendo però non potrebbe farlo. Il cancer all'intestino, contro il quale ha lottato dalla primavera del 1997 fino alla morte avvenuta nel 2004, non gli ha dato scampo.

Sono particolarmente vibranti nell'intervista i brani dedicati alle riflessioni sulla malattia, sulla vita e sulla morte. Definisce la morte "questa malattia con cui nasciamo, che è incurabile" e che fu oggetto della ricerca interiore a cui Terzani si dedicò negli ultimi anni della sua esistenza.
Ecco alcune frasi del suo ultimo libro uscito postumo, dal titolo "La fine è il mio inizio", scritto a quattro mani con il figlio Folco, frasi che ripete nell'intervista: Folco, Folco, corri, vieni qua! C'è un cuculo nel castagno. Non lo vedo, ma è lì che canta la sua canzone: Cucù, cucù, l'inverno non c'è più. È ritornato il maggio col canto del cucù. Bellissimo, senti!
Che gioia, figlio mio. Ho sessantasei anni e questo grande viaggio della mia vita è arrivato alla fine. Sono al capolinea. Ma ci sono senza alcuna tristezza, anzi, quasi con un po' di divertimento. L'altro giorno la Mamma mi ha chiesto «Se qualcuno telefonasse e ci dicesse d'aver scoperto una pillola che ti farebbe campare altri dieci anni, la prenderesti?» E io istintivamente ho risposto «No!» Perché non la vorrei, perché non vorrei vivere altri dieci anni. Per rifare tutto quello che ho già fatto? Sono stato nell'Himalaya, mi sono preparato a salpare per il grande oceano di pace e non vedo perché ora dovrei rimettermi su una barchetta a pescare, a far la vela. Non mi interessa.
Guarda la natura da questo prato, guardala bene e ascoltala. Là, il cuculo; negli alberi tanti uccellini – chi sa chi sono? – coi loro gridi e il loro pigolio, i grilli nell'erba, il vento che passa tra le foglie. Un grande concerto che vive di vita sua, completamente indifferente, distaccato da quel che mi succede, dalla morte che aspetto. Le formicole continuano a camminare, gli uccelli cantano al loro dio, il vento soffia.
Dal libro è stato tratto "Das Ende ist mein Anfang" del 2010, diretto da Jo Baier e sceneggiato dal figlio Folco e da Ulrich Limmer, con Bruno Ganz nel ruolo di Tiziano Terzani. Il film è distribuito in Italia con lo stesso titolo del libro, dal 1º aprile 2011.


Nel libro "Un altro giro di giostra" tratta del suo modo di reagire alla malattia, un tumore all'intestino, viaggiando per il mondo e osservando con lo stesso spirito giornalistico di sempre le tecniche della più moderna medicina occidentale (Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York) e le medicine alternative indiane (ayurvedica) e tibetane. Il viaggio più difficile, alla ricerca di una pace interiore, che lo portò ad accettare serenamente la morte.
Dal libro "Un altro giro di giostra" riporto alcune riflessioni:
« Si sa, capita a tanta gente, ma non si pensa mai che potrebbe capitare a noi. Questo era sempre stato anche il mio atteggiamento. Così, quando capitò a me, ero impreparato come tutti e in un primo momento fu come se davvero succedesse a qualcun altro.
«Signor Terzani, lei ha il cancro», disse il medico, ma era come non parlasse a me, tanto è vero — e me ne accorsi subito, meravigliandomi — che non mi disperai, non mi commossi: come se in fondo la cosa non mi riguardasse. Forse quella prima indifferenza fu solo un'istintiva forma di difesa, un modo per mantenere, un contegno, per prendere le distanze, ma mi aiutò. Riuscire a guardarsi con gli occhi di un sé fuori da sé serve sempre. Ed è un esercizio, questo, che si può imparare. Passai ancora una notte in ospedale, da solo, a riflettere» (…)
« Viaggiare era sempre stato per me un modo di vivere e ora avevo preso la malattia come un altro viaggio: un viaggio involontario, non previsto, per il quale non avevo carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo preparato, ma che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più impegnativo, il più intenso. » (...)

« Andando a giro per il mondo a incontrare medici, maghi e maestri avevo capito che era inutile continuare a viaggiare, che la cura delle cure non esiste e che la sola cosa da fare è vivere il più coscientemente, il più naturalmente possibile, vivere in maniera semplice, mangiando poco e pulito, respirando bene, riducendo i propri bisogni, limitando al massimo i consumi, controllando i propri desideri e allargando cosi i margini della propria libertà. Ciò che è fuori è anche dentro; e ciò che non è dentro non è da nessuna parte. Per questo, viaggiare non serve. Se uno non ha niente dentro, non troverà mai niente fuori. E’ inutile andare a cercare nel mondo quel che non si riesce a trovare dentro di sé.»
 

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