martedì 29 gennaio 2013

Storia del carcinoma a cellule squamose di Sigmund Freud


I sogni sono spesso più profondi
quando sembrano  più pazzi
Molti hanno sentito parlare di Sigmund Freud e della psicoanalisi, almeno di nome, ma pochi conoscono la storia del suo cancro. Leggendola scoprirete che alcune problematiche che hanno riguardato Freud, tra il 1923 e il 1939, sono ancora attuali: come trovare i medici adatti per curare una grave patologia, i costi economici della malattia impegnativi anche un personaggio famoso, intervenire o non intervenire chirurgicamente, fare o non fare la radioterapia o la chemioterapia (nel suo caso solo la radio), dire o non dire la verità sulla patologia, come affrontare il dolore, la sofferenza e la morte. Nato a Freiberg, oggi Příbor, una città della Repubblica Ceca nella regione di Moravia-Slesia il 6 maggio 1856, morì a Londra il 23 settembre 1939, quindi a 83 anni e non a 62 come aveva sempre preconizzato. Nella lettera a Jung del 1909 scrive a proposito del numero 62: "(...)Tale convinzione è sorta nel 1899: in quell’anno vi furono due fatti concomitanti. Innanzi tutto scrissi la Traumdeutung (già in precedenza datata 1900); in secondo luogo mi fu assegnato un nuovo numero di telefono, che ho ancora, il 14362. E’ facile trovare il legame fra questi due fatti: nel 1899, quando scrissi la Traumdeutung, avevo 43 anni, quanto facile allora credere che le ultime due cifre del mio numero telefonico rappresentassero la fine della mia vita, quindi a 61 o 62 anni! D’un tratto si scopre che nella follia c’è del metodo. La superstiziosa credenza che dovessi morire fra i 61 ed i 62 anni corrispondeva anche alla convinzione che col libro sui sogni avessi completato l’opera della mia vita, non avessi più nulla da dire e potessi quindi morire in pace". 
Sigmund era figlio di Jacob Freud e della sua terza moglie Amalia Nathanson (1835-1930). Si legge in Wikipedia: "Jacob, ebreo proveniente dalla Galizia e commerciante di lana, si trasferì a Vienna nel 1860, a causa di sconvolgimenti politico-economici. Dal padre non ricevette un'educazione tradizionalista, eppure già in giovanissima età si appassionò alla cultura e alle scritture ebraiche, in particolare allo studio della Bibbia. Questi primi interessi lasciarono evidenti tracce nella sua opera. E' stato un neurologo e psicoanalista austriaco, fondatore della psicoanalisi, una delle principali correnti della moderna psicologia. Ha elaborato una teoria scientifica e filosofica, secondo la quale l'inconscio esercita influssi determinanti sul comportamento e sul pensiero umano, e sulle interazioni tra individui. Di formazione medica, tentò sempre, pur con difficoltà, di stabilire correlazioni tra la sua visione dell'inconscio e delle sue componenti, con le strutture fisiche del cervello e del corpo umano: queste speculazioni hanno trovato parziale conferma nella moderna neurologia e psichiatria".  Sposatosi con Martha Bernays, è stato padre di sei figli, la più celebre è stata Anna. Anna Freud (Vienna, 3.12.1895 – Londra, 9.10.1982) è stata una psicoanalista che si è dedicata prevalentemente alla psicoanalisi infantile ed allo studio dei meccanismi di difesa dell'Io.
Il carcinoma a cellule squamose della mandibola, causa della sua morte, è stato diagnosticato nel 1923. Il racconto delle cure è tratto dagli appunti del chirurgo e dentista viennese Hans Pichler. Freud poté vivere fino all'età di 83 anni perchè, grazie alle cure di Hans Pichler, che ha eseguito su di lui 33 interventi chirurgici, è sopravvissuto sedici anni a una malattia che ai suoi tempi dava poche speranze ed è riuscito a portare avanti la propria opera scientifica.
Le  cure alle quali è stato sottoposto sono un'importante pagina della storia della medicina/odontoiatria. C'è chi dice che sulle teorie di Freud abbiano influito il fatto di essere nato da una famiglia di ebrei e la sua infanzia. E il cancro, che lo ha condizionato per 16 anni, ha influito sulle sue teorie psicoanalitiche?
Chi era Hans Pichler, il chirurgo/dentista che lo curava?
Era “figlio d'arte” Hans Pichler (1877-1949), il padre era infatti dentista a Vienna. Dopo aver studiato a Praga e Friburgo, si laurea in medicina a Vienna nel 1900. Costretto ad abbandonare la specializzazione in chirurgia generale alla scuola del rinomato Anton Von Eiselberg (1860-1939) a causa dell'allergia all'acido fenico che veniva utilizzato per disinfettare gli attrezzi chirurgici, le mani e i camici (da cui derivava il caratteristico e pungente odore di fenolo che caratterizzava le corsie degli ospedali) si trasferisce negli Stati Uniti per dedicarsi all'odontoiatria. Allievo di G.V. Black alla Northwestern University School of Dentistry di Chicago, di ritorno a Vienna apre uno studio odontoiatrico in Lichtenfelsgasse e inizia a insegnare odontoiatria all'università. Manterrà l'incarico per trent'anni, pubblicando 125 lavori scientifici e diversi libri di testo. Sarà lui a tradurre i lavori di G.V. Black in tedesco, mentre il suo lavoro più importante è Mund und Kieferchirurgie für den Zahnarzt und Studenten (Chirurgia della bocca e della mascella per dentisti e studenti) del 1940.
Quando viene consultato da Freud, Pichler è considerato un chirurgo di medie capacità ma un ottimo dentista. Per la verità, sembra più interessato all'attività sportiva, tanto che più dei successi clinici si vanta di aver vinto una scommessa facendo diversi chilometri in bicicletta e scalando una cima di 2100 metri prima di colazione. E questa passione per le imprese "estreme" non lo abbandonerà mai, tanto che in età già avanzata si fratturerà malamente una gamba esibendosi nella spericolata specialità del salto con gli sci.

Dagli appunti del viennese Hans Pichler un caso clinico di quasi un secolo fa
Freud, il cancro orale e la fedele assistenza del dentista chirurgo
No, non si parla di psicanalisi, ma di un paziente illustre che della dottrina fu l'iniziatore, e del suo curante, più un colpo di scena finale almeno per chi non conosce la biografia di Sigmund Freud (1856–1939). Ma si parla anche di cancro orale e delle cure disponibili poco meno di un secolo fa. Se oggi, infatti, anche in base alle iniziative di sensibilizzazione e di formazione, lo screening dei tumori del cavo orale chiama direttamente in causa i dentisti, in passato questo approccio era un'eccezione e non la regola. Appare quindi interessante andare a ripercorrere la storia clinica di un personaggio famoso colpito da un tumore del cavo orale così come viene ricostruita dagli appunti del suo fedele curante – Hans Pichler – che era sì un chirurgo orale, ma soprattutto un dentista.

Note cliniche in linguaggio cifrato
Al numero 20 di Maresfield Gardens, nel quartiere di Swiss Cottage a Londra, c'è la casa – oggi adibita a museo – dove Sigmund Freud ha vissuto l'ultimo scorcio di vita, tra il 1938 e il 1939. Lì sono conservate molte protesi, qualche radiografia e soprattutto la traduzione delle annotazioni cliniche di Hans Pichler (1877-1949), lo specialista che ha coordinato l'assistenza di Freud dal 1923 fino alla fine. La maggior parte delle informazioni sulla malattia dell'iniziatore della psicanalisi vengono proprio da quegli appunti. Notare che in origine le note sono state redatte da  Pichler in una sorta di linguaggio cifrato inventato dal padre, una strana forma di stenografia che solo la sua segretaria era in grado di decifrare.

I medici che mentono anche al collega
In ogni caso, la comparsa dei primi sintomi risale all'autunno 1917, quando Freud nota un doloroso gonfiore al palato. Il dolore si manifesta quando smette di fumare (arrivava fino a 20 sigari al giorno) e scompare quando riprende. Quella prima avvisaglia del problema viene però sottovalutata e all'inizio del 1923 la lesione si presenta ormai come un'ulcerazione. Anche a quel punto Freud rimanda ogni approfondimento, finché consulta l'amico dermatologo Maxim Steiner e Felix Deutsch, specialista in medicina interna, che all'epoca era il suo medico di famiglia. Entrambi sospettano subito si tratti di cancro conclamato, ma spiegano al paziente che si tratta di una lesione precancerosa – leucoplachia con displasia – che va comunque eliminata chirurgicamente. Difficile oggi ricostruire perchè abbiano mentito: forse semplicemente perchè a quei tempi era la prassi non raccontare tutta la verità al paziente.

Il primo intervento fu troppo superficiale
Freud, comunque, da medico, sospetta qualcosa, tanto che inizia a riferirsi al problema come “la mia neoplasia". Si sente però tradito dall'amico e collega Deutsch. Nel frattempo ha consultato Marcus Hajek pur affermando che si tratta di un problema che si può risolvere in regime ambulatoriale.
Hajek opera Freud il 20 aprile 1923, eseguendo una parziale resezione della lesione, ma non tutto va per il verso giusto: durante l'intervento si verifica una copiosa perdita ematica che impone il ricovero. Non essendoci letti disponibili, il paziente viene sistemato per la notte in un corridoio del reparto ed è in quella collocazione precaria che affronta una nuova emorragia. E' l'allarme lanciato da un altro ricoverato a salvargli la vita. La mattina dopo Hajek presenta il caso agli studenti e dimette il paziente.
L'esame istologico viene eseguito da Jakob Erdheim (1874–1937). Ancora una volta la diagnosi – carcinoma a cellule squamose – viene nascosta a Freud. Nonostante la si ritenesse inutile nella maggioranza dei casi di questo genere, Hajek prescrive la radioterapia che viene eseguita da un altro personaggio importante della medicina dell'epoca, Guido Holzknecht (1872– 1931), con due trattamenti ai raggi x e una serie di applicazioni locali. Il risultato immediato consiste in gravi danni tissutali che procurano dolori intensi al paziente.

Entra in scena il dentista Pichler
Con l'ulteriore peggioramento delle condizioni di Freud (che durante un viaggio a Roma ha manifestato un'altra emorragia), nel settembre 1923 Deutsch suggerisce di consultare Hans Pichler. Più noto a Vienna come dentista che come chirurgo, Pichler insegna odontoiatria all'università dov'è anche responsabile del dipartimento di chirurgia orale.
Alla prima visita, che ha luogo il 27 settembre nel suo studio in Lichtenfelsgasse a Vienna, Pichler riscontra un'ulcera a forma di cratere localizzata a livello della faccia posteriore della tuberosità mascellare e un linfonodo sottomandibolare palpabile. La crescita di un tumore maligno appare evidente a livello dell'arco palatolinguale e del palato, con il coinvolgimento della mandibola e della guancia. Questa volta a Freud viene detta la verità.

L'accurato studio del piano operatorio
Bisogna intervenire in modo radicale e Pichler pianifica l'intervento con meticolosità, influenzato dalle indicazioni del francese Claude Martin che nel 1889 ha sottolineato l'importanza di un'immediata otturazione prostetica nei pazienti sottoposti a maxillectomia. Nella fase pre-operatoria, Pichler impone una rigorosa igiene orale, verifica e perfeziona i lavori di restauro già presenti nella bocca del paziente, realizza appropriati intarsi in oro in alcuni denti sui quali verrà fissato l'otturatore, realizza una protesi chirurgica in vulcanite che fa indossare a Freud per un periodo di prova al fine di verificarne l'appropriatezza. Inoltre, pianifica e prova i vari passaggi chirurgici su cadaveri.

L'intervento avviene in due fasi distinte
L'intervento ha luogo in due fasi distinte, il 4 e l'11 ottobre 1923. Nella prima fase Pichler lega l'arteria carotide esterna destra e rimuove i linfonodi sottomandibolari e cervicali. Nella seconda fase, dopo aver realizzato un lembo facciale secondo la tecnica divulgata nel 1917 da Haeseker B. Esser (1877-1946), esegue una maxillectomia parziale sezionando la parte anteriore della mascella attraverso il canino destro e preservando la parte posteriore del palato molle. Asporta anche il processo coronoide della mandibola (coronoidectomia). La cavità viene rivestita con un innesto cutaneo sorretto da guttaperca a livello dell'otturatore chirurgico bloccato da appositi ganci. La sera dell'intervento, Freud fuma due sigari...
Come sempre avviene in questi casi, e come soprattutto avveniva in tempi in cui non si disponeva della tecnologie attuali in termini pre e postoperatori, la principale preoccupazione di Pichler è che la rimozione del tessuto patologico sia stata sufficientemente estesa. Infatti, avendo notato i segni di una recidiva, il successivo 12 novembre sottopone Freud a un altro intervento,  rimuovendo il processo pterigoideo e la maggioranza della parte destra del palato molle, lasciando un margine posteriore delle dimensioni di circa un centimetro.

L'inutile tentativo figlio dei tempi
Il 17 novembre, Freud viene inoltre sottoposto a una vasectomia secondo Steinach. L'intervento viene eseguito da Victor Blum. Secondo le teorie del fisiologo Eugen Steinach (1861-1944), la legatura dei vasi deferenti stimolava la secrezione dell'ormone testicolare con l'effetto di ringiovanire il paziente. Nel caso di Freud l'intento non è estetico ma, visto che il tumore a quei tempi veniva considerato un problema dell'età avanzata, ci si aspettava che comportasse effetti positivi sulla malattia. Lo stesso Freud, in seguito, sottolineerà di non aver riscontrato alcun beneficio in merito.

Le importanti sequele post-chirurgiche
Poco dopo, il palato molle cede, lasciando Freud con un difetto che lo avrebbe condizionato negli anni a venire con problemi di linguaggio e alimentazione ulteriormente aggravati dalla comparsa di un trisma accentuato, di uno spasmo cioè dei muscoli della mandibola che rende difficoltoso aprire la bocca. Il danno alle tube di Eustachio, inoltre, lo ha reso praticamente sordo dall'orecchio destro.
Rifiutando il tradizionale trattamento di cortesia tra colleghi, Freud insiste per pagare Pichler e gli altri medici e, trovandosi in difficoltà finanziarie, è costretto a incrementare la propria attività professionale nonostante la malattia. Decide però di chiudere i rapporti con Deutsch perchè gli ha tenuto nascosta la vera natura del male. Pichler, per contro, diventa una presenza costante al suo fianco: tra il 1923 e il 1924 si contano ben 143 visite, che avvengono quasi sempre di sua iniziativa.

L'incessante lavoro per adattare le protesi
Le protesi progettate da Pichler per Freud erano costruite in vulcanite e oro. Nella zona della lacuna mascellare si trattava essenzialmente di coperture, perchè il trisma impediva di collocare in profondità un otturatore. Per favorire il miglior adattamento possibile delle protesi a una struttura anatomica tanto compromessa il dentista ricorreva spesso alla guttaperca e alla cera come riempitivi. La stabilità era estremamente precaria, tanto che Pichler si vide costretto controvoglia ad aggiungere ganci dotati di molle che articolavano la parte superiore e inferiore delle protesi, contribuendo a tenerle in sede. L'effetto, comunque, non fu mai soddisfacente e tanto meno comodo, tanto che in più di un'occasione lo stesso Freud rimosse le molle, costringendo più di una volta Pichler a ricostruire le protesi.

Nuove protesi e nuovo medico
Nel marzo 1927 viene richiesto a Pilcher un nuovo set di protesi – è il quinto – ma l'anno seguente Freud ha così tanti problemi che decide di rivolgersi a un altro dentista. Gli viene consigliato Hermann Schröder, direttore della Divisione di prostetica dell'Università di Berlino, che progetta e realizza le nuove protesi a distanza e incarica il dentista viennese Joseph Weinmann di provvedere ai relativi aggiustamenti sul paziente. E' Weinmann, che in seguito diventerà docente un potente anestetico locale. E sempre Weinmann gli suggerisce Max Schur (1897–1969) come medico di famiglia al posto di Deutsch. A Schur, che in seguito avrebbe esercitato da psicanalista a New York, Freud fa promettere fin dal primo incontro che non gli avrebbe mai nascosto la verità e che non l'avrebbe fatto soffrire inutilmente nei momenti finali.
In ogni caso, le nuove protesi allestite da Schröder sono molto più confortevoli e comode delle precedenti. Lo specialista tedesco ha progettato attacchi extra-coronali che si estendono posteriormente da un ponte che congiunge i denti anteriori superiori. Lo stesso Pichler ne è molto impressionato, pur sottolineando il rischio di crollo dei pilastri che sorreggono il ponte.

Ulteriori protesi più una protesi al radio
Le protesi di Schröder durano fino al 1931, quando su consiglio di alcuni amici Freud convince Varaztad Kazanjian (1879–1974), in visita a Berlino dagli Stati Uniti, a tentare una nuova soluzione. Utilizzando l'ambulatorio di Pichler, Kazanjian realizza per Freud tre nuove protesi e gli presenta una parcella di 6.000 dollari. Nonostante il costo esorbitante, le protesi non si rivelano efficaci, pur durando per altri tre anni, fino al 1934. Quell'anno si presenta una lesione premaligna che richiede una radioterapia: su suggerimento di colleghi dell'Istituto Curie di Parigi, Pichler la esegue attraverso una protesi in vulcanite arricchita di radio, che poi sostituisce con una normale.
Tra il 1926 e il 1936 è un ciclo continuo di lesioni precancerose, proliferazioni aspecifiche e papillomi. Notare che, nonostante il paziente si rivolga periodicamente ad altri specialisti, Pichler è sempre al suo fianco. Nel 1936 diagnostica una recidiva del tumore, la prima dal 1923. Per l'intervento che ne segue, Freud viene sottoposto per la prima volta all'anestesia generale e, da indagatore del subconscio qual è, resta molto impressionato dalla perdita di coscienza indotta per scopi terapeutici.

La fuga da Vienna occupata dai nazisti
Nel 1938 i nazisti fanno il loro ingresso a Vienna e, vista la situazione sempre più pericolosa per la famiglia, il dottor Schur fornisce a Freud e ai suoi familiari dosi massicce di calmanti e barbiturici.
Di fronte alle continue minacce della Gestapo, la scelta migliore sarebbe di trasferirsi subito a Londra, ma Freud appare riluttante perchè non vuole allontanarsi da Pichler. A convincerlo è l'arresto della figlia Anna e nella fuga viene ancora una volta aiutato da Pichler, che è una figura molto influente anche nell'Austria occupata.
Il 4 giugno 1938, pagata la Reichsfluchtsteuer (la tassa per lasciare il paese imposta agli ebrei) e la Juva (la tassa sul patrimonio ebraico), Freud sale sull'Orient Express in direzione di Ostenda per trasferirsi a Londra. Schur non riesce a partire subito a causa di un attacco di appendicite, ma lo raggiunge presto e, grazie all'intervento del British Home Office, resta il medico di famiglia di Freud, nonostante non disponga delle autorizzazioni necessarie per esercitare in Gran Bretagna.

Gli ultimi tempi nella casa di Londra
Con la figlia Anna e altri familiari, Freud si stabilisce così nel quartiere di Swiss Cottage (vedi photogallery) . In assenza di Pichler viene tenuto sotto osservazione da specialisti locali come il famoso chirurgo orale Wilfred Trotter (1872–1939).
Nonostante gli inglesi siano di parere diverso, Schur si convince sia in atto un'altra recidiva e chiama Pichler che vola a Londra e conferma che la lesione si è estesa al pavimento dell'orbita destra.
L'ennesimo intervento ha luogo il 9 settembre 1938 e Pichler può utilizzare opzioni chirurgiche che non sono ancora entrate in uso nel continente, come la tecnica di intubazione di McIntosh e il controllo intraoperatorio del reperto istologico.
Nel febbraio 1939 si manifesta un'ulteriore recidiva nell'area del pavimento orbitale. L'esame del campione di tessuto conferma la presenza di un carcinoma a cellule squamose. Trotter e colleghi ritengono il paziente inoperabile, ma Pichler insiste per intervenire ancora. Freud viene così sottoposto ad alcune sedute di radioterapia, ma le sue condizioni continuano a peggiorare e si forma una fistola da necrosi alla guancia destra. Il dolore è tremendo e il 5 luglio 1939, in una delle sue ultime lettere, Freud scrive «Il mio mondo è una piccola isola di dolore in un oceano di indifferenza».

La fine arriva con un colpo di scena
Siamo alla fine. Freud, che fino a poco prima ha continuato a praticare la psicanalisi, non ce la fa più e chiama il dottor Schur, chiedendogli di mantenere la promessa che gli ha fatto anni prima. Sul letto di morte mormora: «Ora non è più che tortura, non ha senso» e poi: «Ne parli con Anna, e se lei pensa che
sia giusto, facciamola finita».
E così, la notte del 23 settembre 1939, si addormenta per l'ultima volta sotto l'effetto della morfina. Fu insomma eutanasia o, se si preferisce, un gesto pietoso che pose fine a sofferenze che erano ormai diventate atroci.
Freud si spegne così all'età di 83 anni. Grazie alle cure di Hans Pichler, che ha eseguito su di lui 33 interventi chirurgici, è sopravvissuto sedici anni a una malattia che ai suoi tempi dava poche speranze ed è riuscito a portare avanti la propria opera scientifica.
Del suo fedele dentista-chirurgo, Max Schur scriverà: «Il professor Pichler era una persona di grande umanità e di buon cuore, ma era anche un chirurgo che non aveva paura di intervenire in modo radicale quand'era necessario. Il suo rapporto con  Sigmund Freud era basato sull'estremo rispetto, sul tatto e sulla gentilezza. Pichler era fortunatamente un uomo puntiglioso, nel senso migliore del termine». (ultimo aggiornamento 30.01.13)

3 commenti:

  1. CHI L'AVREBBE MAI DETTO

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  2. Davvero un interessante articolo! Le vicende del padre della psicoanalisi non sembrano non aver mai fine e questo disagio ha senz'altro fortemente impregnato le sue opere, durante questi 16 anni di terribili sofferenze fisiche e psichiche.
    grazie.

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