sabato 7 marzo 2015

Prima di morire: vorrei averlo fatto ma...I cinque desideri prima dell'addio



Ho trovato questo interessante articolo di Paola Richard, pubblicato sull'Huffington Post del 15/06/2013, dal titolo: Prima di morire: vorrei averlo fatto ma...I cinque desideri prima dell'addio ( ho evidenziato in giallo i cinque rimpianti più grandi, secondo Bronnie Ware). Dopo averli esaminati, non saprei individuare il mio. Copio ed incollo il testo.

Vorrei averlo fatto. Quali sono i cinque principali rimpianti quando ci si avvicina al momento del grande salto nell’aldilà? Li ha raccontati in un blog Bronnie Ware, un’infermiera australiana che per molti anni ha lavorato in un reparto cure palliative per anziani e malati terminali. Il suo articolo ha raccolto in poco tempo più di tre milioni di fan e i desideri mancati di persone sconosciute, giunte al termine del proprio viaggio, sono diventate fonte d’ispirazione nel best seller in seguito scritto e tradotto in 27 lingue: “Vorrei averlo fatto. I cinque rimpianti più grandi”.
Niente pulsioni sessuali o alimentari, niente voglia di lusso, gioielli, macchine o costosi viaggi esotici: i rimorsi confessati nel letto di morte sono semplici e poetici. Ci ricordano che la vita più bella è quella vissuta nel coraggio della verità e di essere se stessi, trovando più tempo per gli amici e l’amore, per quello che si prova in una risata di gusto. “Le persone crescono molto quando si trovano ad affrontare la propria mortalità- spiega Bronnie Ware, che per anni, giorno dopo giorno, ha trascritto i pensieri dei suoi pazienti nelle ultime 3/12 settimane di vita- Ho imparato a non sottovalutare mai la capacità di crescita di qualcuno. Alcuni cambiamenti sono stati straordinari. Ognuno di loro ha attraversato molteplici emozioni, come si può immaginare in questi casi: negazione, paura, rabbia, rimorso, rifiuto e qualche volta accettazione. Ogni singolo paziente ha però trovato una forma di pace interiore prima di lasciare questo mondo”. Quando l’infermiera chiedeva loro cosa avrebbero voluto fare di diverso nella vita, emergevano spesso temi comuni. Il primo e maggiormente verbalizzato è: “Vorrei avere avuto il coraggio di vivere una vita più vera, non quella che gli altri si aspettavano da me”. Quando un essere umano si accorge che la sua vita è quasi finita e ha il coraggio di guardare le cose come stanno, è facile vedere quanti sogni non siano stati realizzati. “La maggior parte delle persone non ha portato a termine neanche la metà dei propri desideri e questo dipende esclusivamente dalle scelte che hanno o non hanno fatto”, scrive Bronnie Ware. Nell’esperienza dell’australiana il secondo rimpianto è prettamente maschile: “Vorrei aver lavorato di meno”. Questo pensiero è stato espresso da ogni singolo paziente uomo, curato dall’infermiera blogger. Si tratta di persone a cui è mancato vivere la giovinezza dei propri figli e la presenza più sostanziosa dei propri amati. È il desiderio espresso anche da alcune donne, ma la maggior parte di loro apparteneva a un’altra generazione che spesso ha lavorato solo in casa, non in ufficio. Tutti gli uomini in carriera hanno invece espresso questo rammarico. “Vorrei aver avuto il coraggio di esprimere i miei sentimenti”. La negazione delle proprie emozioni è il terzo tema comune per chi giunge al termine della vita. La maggior parte delle persone intervistate nel libro afferma di averlo fatto per mantenere la pace con gli altri, ma il risultato è sfociato in un’esistenza mediocre in cui i protagonisti non hanno espresso a fondo il proprio potenziale. Non solo, dall’amarezza e dal risentimento sembrano aver avuto origine molte malattie fisiche. Alcuni pazienti e persone anziane avrebbero voluto restare in contatto con gli amici. È questo il quarto dispiacere terminale. Nelle ultime settimane si sono adoperati per ricontattarli, ma non è sempre stato possibile. Si sono accorti di essere restati intrappolati nelle loro vite e di aver trascurato le amicizie fondamentali. Tutti sembrano sentire la mancanza dei vecchi amici al momento della morte. Il quinto rimpianto confessato a Bronnie è quello di non aver lasciato la porta aperta alla felicità nella vita. “La maggior parte delle persone non ha capito, se non a pochi giorni dalla fine, che la felicità è una scelta”, racconta l’autrice. Emerge la constatazione che purtroppo è facile restare incastrati in vecchi schemi e abitudini, cercando il conforto di esperienze conosciute, piuttosto che lasciar fluire le emozioni liberamente. La paura del cambiamento porta molti individui a fingere soddisfazione nei confronti degli altri e di se stessi, mentre nel profondo avrebbero voluto semplicemente ridere di gusto e ritrovare la leggerezza. La vita stessa è una scelta, per l’infermiera che involontariamente è diventata un’icona per milioni di persone. Il suo consiglio definitivo è di orientarsi in maniera consapevole, saggia e onesta. Scegliere la felicità è possibile.

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