lunedì 3 settembre 2012

Dana Jennings: Elogio delle infermiere


Dana Jennings with Bijou.
Dana Jennings e Bijou
Ho ricordato nel precedente post Dana Jennings, giornalista e scrittore del The New York Times. Ha scritto diversi post sulla sua malattia, molto letti, sul Well Blog del NYTimes, dopo che nel 2008 gli è stato diagnosticato un cancro alla prostata, al terzo stadio. L'ultimo, scritto il 29 dicembre 2010, s'intitola: In Praise of Nurses (Elogio delle infermiere).   L'ho tradotto, con l'aiuto di Christina, e lo dedico alle infermiere che ho conosciuto nella mia attività di volontariato e paziente presso l'Azienda Ospedaliera di Padova, lo IOV e l'Ospedale di Piove di Sacco. 
Chi desiderasse sapere come si diventa infermieri negli USA e come farsi riconoscere il titolo conseguito in Italia o in altri paesi, clicchi qui.

Amo e ammiro le infermiere.
Infermiere del reparto di oncologia, e quelle del reparto stomie. Infermiere della radioterapia e del post-operatorio. E quelle essenziali, sempre presenti quando ne hai bisogno e le infermiere 24 ore su 24. (E anche se la maggior parte della mia esperienza è con infermiere, ammiro anche gli infermieri,
Ora,
questa non è una astratta infatuazione, basata nel vedere "South Pacific" [musical e film] una volta di troppo. Sono stato ricoverato sei volte nella mia vita, ho conosciuto bene il personale medico e ancor di più le infermiere.
Per generalizzare: le infermiere sono calde, mentre i medici sono freddi. Le infermiere si comportano come persone reali, i medici spesso si comportano come aristocratici. Le infermiere ti guardano negli occhi, i medici guardano leggermente al di sopra della spalla destra. (Forse glielo insegnano nelle scuole di medicina?)
La mia più recente esperienza con le infermiere è stata nel 2008 e nel 2009 quando sono stato curato per un cancro alla prostata al 3° stadio. Ma di questo parlerò in seguito
Il mio primo vivido ricordo dell'infermiera risale all'estate 1970 all'Exeter Hospital del New Hampshire. Avevo 12 anni - quasi 13 - quando dovevano asportami un tumore benigno dal mio ginocchio destro.
La notte prima dell' intervento chirurgico, un'infermiera seriosa e con un camice bianco inamidato entrò nella mia stanza come un sergente istruttore. Portava una bacinella di acqua calda, crema da barba e un rasoio, e presto ho scoperto che era un appassionata di baseball, era una fan del Boston Red Sox.
"Il Sox ha bisogno di vendere Carl Yastrzemski" - mi disse mentre radeva la mia gamba destra. "Hanno bisogno di cominciare  a metterlo sulla piazza,  scambiarlo per uno come Roberto Clemente o Dick Allen". Non mi sono accorto che il rasoio aveva piallato la gamba, ora splendeva senza peli.
Quando ho trascorso sei settimane in ospedale nel 1984 - prima all'Englewood Hospital del New Jersey, poi presso il Mount Sinai Hospital di New York - alcune infermiere mi facevano sentire quasi come in famiglia. E, come in famiglia, le infermiere possono essere a volte un po' troppo esplicite.
Sono stato ricoverato all' Englewood a causa di un forte sanguinamento per una colite ulcerosa. Il mio livello di emoglobina era 5.6 - il numero normale per gli uomini (come tutte le infermiere sanno) è compreso tra 13 e 17 - e l'infermiera all'accoglienza con disinvoltura mi ha detto: "Non ho mai visto nessuno, in vita mia, con una emoglobina così bassa."
Pensavo che la mia moglie, Deb, stesse per svenire.

Una settimana dopo sono stato impacchettato in un'ambulanza e spedito all'Ospedale Mount Sinai, dove passavano i giorni come nel film "Matrix"- like blur. Mi ricordo delle infermiere chiamate "Chiavi!" perché facevano sfrecciare e zoomare un grosso mazzo di chiavi su e giù per il pavimento del padiglione ... un vecchio con un forte accento yiddish cantava, "Rumore, rumore, rumore!" ... le infermiere mi hanno avvolto le braccia doloranti e gonfie, per gli aghi di IV, in asciugamani caldi.
Alla fine sono stato operato per rimuovere il mio colon devastato. Nella fase post-operatoria ci sono sempre quei momenti di disorientamento mente ti scrolli di dosso l'anestesia. Visioni angeliche svolazzavano sul letto, tamponanando la fronte e facendo scivolare pezzetti di ghiaccio tra le labbra riarse, e ti chiedi: Paradiso? O stanza post-operatoria ?
"Che sensazioni sente. Mr. Jennings?" Recovery room – whew!
E recentemente, per il mio cancro alla prostata, sono stato trattato al Robert Wood Johnson University Hospital nel New Jersey. Fatta eccezione per un  livello di energia altalenanate, mi sono trovato bene. Ogni tre mesi, testo il mio PSA - fin qui, tutto bene.
Mi ha fatto sorridere il fatto che le infermiere chiamavano "granate" i due tubi di plastica per il  drenaggio che penzolavano dal mio fianco. Ed è stato una delle mie "granate" che ha fatto capire ad una giovane dottoressa che ero più che un semplice " post-op di cancro alla prostata. "
Non riesco a ricordare il suo nome, ma alla dottoressa è stata detto di rimuovere il mio drenaggio, la mia ultima granata. Avrebbe dovuto afferrarlo saldamente, e tirare. Invece lo tenne provvisoriamente, come se fosse uno scontroso serpente giarrettiera [serpente comune in USA], e lo agitò dentro il mio corpo.
Mi faceva male. Avevo le vertigini, quasi vomitato e sudavo freddo. Quando le ho detto che stavo per svenire, andò timidamente a chiedere aiuto.
Aiuto reale. Chiamò un'infermiera.

Dana Jennings, redattore al The New York Times, autore, di recente, di“What a Difference a Dog Makes: Big Lessons on Life, Love and Healing From a Small Pooch” (Doubleday, 2010).

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