disegno tratto dal N.Y. Times |
Sapevo
che alcuni si sono fatti togliere lo stomaco in via preventiva perché portatori
del gene CDH1 mutato; ne ho parlato a proposito dell'Associazione "No
stomach for Cancer". A me l'hanno tolto perchè avevo un ADK.
Ho
un'amica che si è fatta togliere il seno sano dopo quello malato, per ridurre
il rischio di recidiva. Ora scopriamo che anche l'attrice Angelina Jolie, nata
Angelina Jolie Voight (Los Angeles, 4 giugno 1975), figlia dell'attore Jon
Voight e dell'attrice Marcheline Bertrand, ha fatto una "doppia
mastectomia preventiva". La storia di Angelina, complicata, affascinante, con
risvolti umanitari, spregiudicata come quella di molti attori hollywoodiani, leggetela su
Wikipedia. Con due divorzi alle spalle, Jolie è attualmente
la moglie dell'attore Brad Pitt; la loro relazione ha attirato l'attenzione dei
media di tutto il mondo. La coppia Jolie-Pitt ha sei figli, tre adottati (un
cambogiano, un vietnamita e una etiope) e tre biologici. Angelina Jolie è stata
più volte dichiarata la donna più affascinante del mondo. È stata inserita
nella lista delle 100 persone più influenti del mondo redatta dalla rivista
TIME e nella lista delle 100 donne più potenti al mondo secondo la rivista
Forbes; è stata inoltre descritta come l'attrice più potente nell'edizione 2009
del Guinness dei primati. E' quindi
normale che tutto quello che la riguarda abbia una risonanza mondiale.
Recentemente ha confessato di aver subito un intervento di doppia mastectomia
preventiva.
(Si tenga presente che non si eredita mai il tumore ma, eventualmente, una predisposizione al tumore) Analisi dei geni BRCA1 e BRCA2 per tumori della mammelle e dell’ovaio di tipo ereditario. Leggi in dettaglio. Analisi del gene Nf2 - Analisi di mutazione del gene Nf2 mediante sequenziamento diretto automatizzato per lo studio della Neurofibromatosi di tipo 2. Leggi in dettaglio. Analisi del gene Cdh1- Analisi di mutazione del gene Cdh1 mediante sequenziamento diretto automatizzato per cancro gastrico ereditario diffuso (HDGC – Hereditary diffuse gastric cancer). Leggi in dettaglio. Analisi dell’instabilità dei microsatelliti: test di predisposizione genetica, mediante analisi di instabilità dei micro satelliti (CC-MSI), allo sviluppo del carcinoma colorettale ereditario (HNPCC - Hereditary Non-Polyposys Colon Cancer). Leggi in dettaglio. Analisi del gene p53 - Analisi di mutazione del gene p53 mediante sequenziamento diretto automatizzato per Sindrome di Li-Fraumeni. Leggi in dettaglio.
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Angelina e la mamma |
"MIA
MADRE ha combattuto
il cancro (all'ovaio) per quasi un
decennio e morì a 56 anni.
Visse abbastanza a lungo per conoscere il primo dei suoi nipoti e per tenerlo in
braccio. Ma gli altri miei
figli non avranno mai la possibilità di conoscerla e di sperimentare quanto amorevole e gentile
lei fosse. Parliamo
spesso di "mamma
di mamma" e cerco di spiegare
la malattia che l'ha portata via da noi. I miei figli mi hanno chiesto se
la stessa cosa possa accadere anche a
me. Ho sempre detto loro di non preoccuparsi, ma la verità è che nel mio corpo c'è un gene "difettoso", BRCA1, che
aumenta notevolmente il rischio di sviluppare il cancro al seno e alle ovaie.
I
miei medici hanno stimato
che avevo un rischio dell'87% di avere un cancro al
seno e un rischio del 50% di uno ovarico, sebbene la probabilità sia diversa da donna a donna.
Solo
una piccola percentuale dei cancri
al seno risultano da una mutazione genetica ereditaria. Le donne con un difetto nel gene BRCA1
(breast cancer susceptibility gene 1) hanno un rischio
del 65% di avere un cancro, in media.
Una
volta compresa la mia situazione, ho deciso di essere proattiva e di ridurre il rischio
per quanto possibile. Ho preso la decisione di eseguire una doppia mastectomia preventiva. Ho iniziato con il seno, perchè il
rischio di cancro era più alto rispetto
al cancro ovarico e anche perché l'intervento
in quest'ultimo caso è più complesso.
Il
27 aprile, ho terminato
i tre mesi di procedure mediche che la mastectomia richiede.
Durante questo periodo sono stata in
grado di mantenere il mio intervento riservato e di continuare a lavorare.
Ma ora ho deciso di uscire allo scoperto perché spero che altre donne possano trarre beneficio dalla mia esperienza. Il cancro è ancora una parola che spaventa le persone, creando un profondo senso di impotenza. Ma oggi è possibile scoprire attraverso un esame del sangue se si è molto sensibili al cancro al seno e alle ovaie, e poi decidere come comportarsi.La mia vicenda è iniziata il 2 febbraio con un intervento chiamato "nipple delay", che serve a scongiurare la possibilità che il male colpisca i dotti situati dietro il capezzolo e che permette di far confluire una maggiore quantità di sangue in quella area del corpo. È una procedura dolorosa, che causa molte ecchimosi, ma aumenta le possibilità di preservare il capezzolo.Due settimane dopo, ho subito l'intervento chirurgico di mastectomia, il tessuto del seno è stato rimosso e mi sono stati inseriti espansori temporanei. L'operazione può durare otto ore. Quando ti risvegli dall'operazione, con i tubi di drenaggio infilati nel seno, ti sembra di stare sul set di un film di fantascienza.
Ma ora ho deciso di uscire allo scoperto perché spero che altre donne possano trarre beneficio dalla mia esperienza. Il cancro è ancora una parola che spaventa le persone, creando un profondo senso di impotenza. Ma oggi è possibile scoprire attraverso un esame del sangue se si è molto sensibili al cancro al seno e alle ovaie, e poi decidere come comportarsi.La mia vicenda è iniziata il 2 febbraio con un intervento chiamato "nipple delay", che serve a scongiurare la possibilità che il male colpisca i dotti situati dietro il capezzolo e che permette di far confluire una maggiore quantità di sangue in quella area del corpo. È una procedura dolorosa, che causa molte ecchimosi, ma aumenta le possibilità di preservare il capezzolo.Due settimane dopo, ho subito l'intervento chirurgico di mastectomia, il tessuto del seno è stato rimosso e mi sono stati inseriti espansori temporanei. L'operazione può durare otto ore. Quando ti risvegli dall'operazione, con i tubi di drenaggio infilati nel seno, ti sembra di stare sul set di un film di fantascienza.
Ma
alcuni giorni dopo l'intervento si può
tornare ad una vita normale.
Nove
settimane dopo l'intervento chirurgico
viene ricostruito il seno con una protesi. Ci sono
stati molti progressi in questi ultimi anni nella ricostruzione del seno e il risultato può definirsi meraviglioso.
Ho
voluto scrivere questo
articolo per dire alle altre donne
che la decisione di sottoporsi ad una
doppia mastectomia non è stata facile da prendere.
Ma ora sono molto felice di averla fatta.
Le mie probabilità di sviluppare il cancro al seno sono scese dal 87% per cento a
meno del 5%. Posso dire ai miei
figli che non
devono temere di perdermi per un
cancro al seno.
E'
rassicurante perchè non vedono nulla che li
metta a disagio. Essi possono vedere le mie piccole cicatrici e basta. Tutto il resto è come prima, la stessa mamma di sempre. Essi sanno che li amo e che farò di tutto per stare con loro più a lungo possibile. Personalmente, non mi sento per niente meno donna.
Posso dire dire che ho fatto una scelta
forte che in nessun modo ha
diminuito la mia femminilità.
Ho
la fortuna di avere un partner,
Brad Pitt, amorevole e solidale.
Chiunque ha una moglie o una compagna che sta attraversando una situazione simile alla mia, sappia di avere un ruolo molto importante da svolgere. Brad è rimasto al Pink Lotus Breast Center, dove sono stata operata, per tutto il periodo dell'intervento. Siamo riusciti a trovare anche momenti per ridere insieme. Sapevamo che questa era la cosa giusta da fare per la nostra famiglia e che ci avrebbe uniti ancora di più. E così è stato.
Chiunque ha una moglie o una compagna che sta attraversando una situazione simile alla mia, sappia di avere un ruolo molto importante da svolgere. Brad è rimasto al Pink Lotus Breast Center, dove sono stata operata, per tutto il periodo dell'intervento. Siamo riusciti a trovare anche momenti per ridere insieme. Sapevamo che questa era la cosa giusta da fare per la nostra famiglia e che ci avrebbe uniti ancora di più. E così è stato.
Spero
che la lettura di questo
articolo aiuti le donne a capire di avere
opzioni. Voglio incoraggiare ogni donna, soprattutto se avete una storia familiare di cancro al seno o
alle ovaie, a cercare le informazioni e gli esperti di medicina che
vi possano aiutare in queste circostanze a fare scelte
consapevoli.
Riconosco che ci sono molti meravigliosi medici olistici che lavorano sulle alternative alla chirurgia. La mia esperienza sarà pubblicata a tempo debito sul sito web del Pink Lotus Breast Center. Spero che ciò sarà utile ad altre donne.
Riconosco che ci sono molti meravigliosi medici olistici che lavorano sulle alternative alla chirurgia. La mia esperienza sarà pubblicata a tempo debito sul sito web del Pink Lotus Breast Center. Spero che ciò sarà utile ad altre donne.
Il
cancro al seno uccide 458.000
persone ogni anno nel mondo, secondo
l'Organizzazione mondiale della sanità, soprattutto nei paesi a
basso e medio reddito. Dovrebbe
essere una priorità garantire
alle donne la possibilità di accedere a
test genetici e a trattamenti preventivi salvavita, indipendentemente
dalle condizioni economiche e sociali, ovunque esse vivano.
Il costo dei test negli Stati Unit
per BRCA1 e BRCA2, è più di 3.000 dollari,
rimane quindi un ostacolo per molte donne.
Ho
scelto di raccontare la mia storia, perché ci sono molte
donne che vivono
all'ombra del cancro senza saperlo. Spero
che anche loro possano sottoporsi al test, e che nel caso risultino ad alto
rischio sappiano di disporre di alternative valide.
La
vita è piena di sfide, le sfide che non ci devono spaventare sono quelle su cui
possiamo intervenire e di cui possiamo assumere il controllo". Angelina
Jolie è attrice e regista.
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Leggi
La comunità dei medici si divide, tratto da Repubblica.it, di Valeria Pini
La
scelta di Angelina divide i medici
Veronesi:
"Più vantaggiosi i controlli
periodici"
Le reazioni alla scelta del
premio Oscar per scongiurare il rischio genetico di un tumore. Veronesi: "Una situazione complessa che cambia
per ogni donna". Cascinu,
presidente Aiom: "E' sbagliato se
diventa un modello"
I medici si dividono sulla
decisione dell'attrice Angelina Jolie di sottoporsi a un intervento di
"doppia mastectomia" per scongiurare il rischio di cancro al seno. Il
premio Oscar, la cui madre è morta di tumore, ha riferito di essere
"portatrice" di un gene "difettoso", per cui avrebbe l'87%
di possibilità di ammalarsi di tumore al seno. Una scelta estrema che fa
discutere e che non è sempre condivisa dagli esperti. Il timore è che la possibilità scelta dalla diva, possa
diventare 'un modello da seguire' per migliaia di donne che si trovano nella
stessa situazione.
Per Umberto Veronesi, direttore
scientifico dell'Istituto Europeo di Oncologia, si tratta di "una
situazione complessa, e il discorso è diverso per ogni singola donna".
"Se la condizione di rischio per il tumore non genera un'ansia eccessiva,
e non trasforma quindi la vita di tutti i giorni in una non-vita, allora
obiettivamente ci sono più vantaggi a fare controlli ogni sei mesi, e scoprire
l'eventuale tumore in epoca precocissima, quando le possibilità di guarigione
sono del 98%", dice Veronesi. Quello sulla mastectomia radicale preventiva
"non è un dibattito nuovo - spiega
l'oncologo - anzi, esiste fin da quando
la medicina ci ha messo a disposizione i test genetici. La ricerca genetica è
stata molto brava a darci la possibilità di trovare queste patologie, ma non è
ancora stata altrettanto brava nel darci delle possibili soluzioni a queste
malattie". Veronesi ricorda fra l'altro che "la mastectomia radicale non annulla completamente il rischio di
tumore, che rimane intorno al 5% anche dopo l'intervento di rimozione".
E poi non va sottovalutata la questione delle protesi. Per il nostro organismo "rimangono sempre e comunque un corpo
estraneo, e è naturale una reazione che, anche se non è grave, può comunque
esserci - aggiunge Veronesi - . Inoltre anche quelle migliori "hanno bisogno di essere sostituite
circa ogni 10 anni; quindi, significa doversi sottoporre ad almeno 3-4
interventi chirurgici nel corso della vita".
I geni che aumentano il rischio
di cancro sono due: Brca1 e Brca2. Se 'mutati', arrivano a quintuplicare il
rischio di carcinoma della mammella in età precoce. La Jolie si è fatta asportare non solo i seni, ma ha anche
deciso di farsi togliere le ovaie per prevenire il rischio di tumore, in lei
più alto della media per una variazione genetica. La decisione, ricordano gli
esperti, è pienamente motivata, ma non è obbligatoria. Casi come il suo, con un
forte rischio genetico, riguardano meno del 10% delle pazienti che affrontano
un tumore del seno.
Anche per Stefano Cascinu,
presidente dell'associazione di oncologi Aiom "la mastectomia preventiva non è l'unica scelta in casi come quello
della Jolie" e "l'alternativa è sottoporsi a controlli periodici,
con risonanza magnetica ogni sei mesi-un anno". Una posizione
"rispettabilissima come scelta individuale, ma è profondamente sbagliato
farne un modello per tutte le pazienti, come l'attrice stessa lascia intendere
nel suo lungo articolo", spiega Cascinu. L'esperto ricorda che
l'intervento ha "conseguenze pesanti sul piano psicologico, estetico e anche di
salute" perché "togliere le
ovaie in età relativamente giovane porta a menopausa precoce, e conseguente
rischio di osteoporosi grave". Si dice infine perplesso sul fatto che
"se una donna così famosa e potente rende pubblica in questi termini la
sua decisione rischia di creare un'emulazione, un modello valido per tutti,
mentre è fondamentale che la scelta sia individuale, caso per caso, di concerto
con i propri medici", conclude Cascinu.
La
maggior parte degli esperti è contrario a soluzioni radicali. "Oggi c'è la tendenza a proporre alle
pazienti la mastectomia preventiva con troppa leggerezza, mentre si tratta di
una scelta delicatissima da ponderare con grande attenzione", dice
Riccardo Masetti, Direttore del Centro di Senologia del Policlinico Gemelli di
Roma e Presidente della Komen Italia, l'associazione che da venerdì a domenica
sarà impegnata a Roma nella manifestazione Race for the Cure a sostegno della
lotta ai tumori del seno.
Il caso ha il merito di aver
sollevato un problema molto sentito in Italia. Anche perché non tutte le donne,
che sanno di avere una familiarità con questo tipo di neoplasia si sottopongono
a un test genetico. "Nel nostro paese abbiamo, su questo tipo di percorso, ovvero il
test del Dna per scoprire il gene Brca1 che può portare successivamente alla
mastectomia, delle resistenze culturali sia da parte delle pazienti che dei
medici - spiega Adriana Bonifacino, responsabile unità di senologia del
Policlinico universitario S.Andrea di Roma. - Ma la mastectomia si può fare
anche dopo 1-2 anni dai risultati del test, l'importante è prendere conoscenza
del problema. Ci sono pazienti che portano avanti gravidanze anche sapendo di
poter trasmettere il gene alla prole. La donna deve essere consapevole e
informata, così da decidere se seguire uno stretto programma di controlli.
Certe scelte come la mastectomia non vanno prese con la bacchetta magica, ma
con l'aiuto di un team formato da oncologi, il consulente genetico e lo
psicologo".
Egidio Riggio, specialista in
chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica e microchirurgia presso
l'Istituto Nazionale Tumori di Milano, è convinto che "per le donne a rischio ereditario, la chirurgia preventiva non
deve rappresentare una scelta obbligata ma va serenamente ponderata rispetto
alla decisione di eseguire per tutta la durata della vita, uno stretto
monitoraggio strumentale degli organi a rischio". E aggiunge: "Sulla base della mia esperienza nella
chirurgia plastica ed estetica del seno la mastectomia bilaterale ha un enorme
impatto psicologico che deve essere considerato e studiato caso per caso".
"Il percorso che conduce ad un intervento profilattico al seno è basato su
indagini genetiche e test ematici, e non solo sulla storia familiare di una
madre o di una sorella con carcinoma mammario. Non deve essere mai una scelta
emotiva della donna coinvolta".
Decisamente favorevole alla
mastectomia bilaterale preventiva, nei casi in cui ci sia un 'rischio
genetico', Laura Papi, genetista del dipartimento Scienze biomediche
sperimentali e cliniche dell'Università di Firenze. anno una prognosi
peggiore". Resta da capire se dopo la rivelazione della Jolie, più donne
sceglieranno la mastectomia? "Difficile
rispondere, io spererei di sì ma dubito soprattutto in Italia per quella che è
l'immagine del corpo femminile e l'importanza che ha il seno nell'immaginario
femminile", dice Laura Papi.
(14
maggio 2013)
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Interessante
anche l'articolo di Elisabetta
Ambrosi, del 16
maggio 2013, sul "Il Fatto
Quotidiano Scienza"
"Prudenza,
prudenza, prudenza".
E l'invito che gli esperti fanno dopo il caso di mastectomia preventiva
dell'attrice americana, a favore di controlli preventivi serrati, "che
danno una possibilità di guarigione al 98%", nelle parole di Umberto
Veronesi, in verità contestate da chi il cancro l'ha combattuto in prima
persona sulla propria pelle
Prudenza, prudenza, prudenza. E
un invito fermo a non dimenticare l’efficacia di controlli preventivi serrati,
“che danno una possibilità di guarigione al 98%”, nelle parole Umberto Veronesi
in verità contestate da chi il cancro l’ha combattuto in prima persona sulla propria pelle
(articolo di Stefania Prandi). Dopo l’articolo sul New York
Times di Angelina Jolie sulla sua mastectomia preventiva, gli
esperti italiani si schierano su una linea di cautela. “Oggi c’è la tendenza a
proporre alle pazienti la mastectomia preventiva con troppa leggerezza, ma si
tratta di una scelta delicatissima da ponderare con grande attenzione”, spiega
Riccardo Masetti, direttore del centro di senologia del Policlinico Gemelli di
Roma.
Gli fa eco Adriana Bonifacino,
responsabilità dell’unità di senologia del Policlinico universitario
Sant’Andrea di Roma. “Scelte come la mastectomia non vanno prese con la
bacchetta magica, ma con l’aiuto di un team formato da oncologo, genetista e
psicologo“. “Anche se il caso di Angelina Jolie ha il merito di aver sollevato
un problema molto sentito in Italia”, continua, “su 46.000 tumori al seno
all’anno nel nostro paese solo il 10-15% per cento, circa 5.000, ha un rischio
molto alto di sviluppare la malattia. Ma anche chi è positivo al gene Brca1 può
decidere di seguire uno stretto programma di controlli”.
Mentre negli Stati Uniti i casi
di rimozione preventiva del seno aumentano – dall’1,8% del 1998 al 4,5% del
2003 per entrambi i seni e dal 4,2 al 11% per un solo seno, secondo il “Journal
of Clinical Oncology” – in Italia la maggioranza della comunità scientifica
mette l’accento sui rischi di un intervento preventivo e, insieme, sulla
complessità di una malattia come il tumore, dove i fattori scatenanti possono
essere molteplici. “Non do giudizi nel merito delle singole scelte, ma va
ricordato che anche dopo l’asportazione di seni e magari di ovaie il tumore
può comunque manifestarsi altrove, ad esempio nella sfera genitale”, spiega
l’oncologo romano Corrado Nunziata. “Inoltre, i test genetici non danno
ancora certezze, anche perché non esiste un solo gene che interferisce su un
sistema. Autopalpazione, mammografia e risonanza magnetica sono invece
strumenti efficaci. Ma soprattutto, prima di un intervento di questo tipo
bisognerebbe porsi alcune domande. Ad esempio: che conseguenze può avere
l’asportazione di seno e ovaie in una donna di trent’anni? Forse occorrerebbe
anche un lavoro individuale per capire da dove nasce la paura“.
E proprio sui gravi contraccolpi
psicologici dopo interventi di questo tipo mette l’accento chi lavora da anni
sulle emozioni legate alla malattia, e in particolare proprio sul cancro al
seno. “È un tema complesso, ed è ovvio che l’ultima parola resta sempre al
malato, ma è possibile ragionevolmente affermare che la decisione di togliere
il seno in via preventiva risponde al tentativo di placare l’ansia e
alla speranza di poter controllare tutto”, spiega la psicoanalista Marta
Tibaldi, autrice del libro “Oltre il cancro” (Moretti&Vitali). “Purtroppo, la chirurgia non risponde a
nessuno dei due obiettivi perché mentre l’ansia che arrivi un tumore in altre
zone resta viva, il pensiero di avere tutto sotto controllo si rivela
illusorio. Sarebbe molto utile da questo punto di vista poter riflettere
insieme a una persona che ha uno sguardo più neutro, per prendere distanza
dalla paura”.
Da ex paziente oncologica,
Tibaldi rivolge anche una critica verso i medici: “Quando avevo 18 anni, un
medico mi propose, per una sola ciste al seno, di “togliere tutto”. Come
se il seno fosse qualcosa che si può togliere senza conseguenze. Con un pizzico
di provocazione, vorrei chiedere ai medici cosa proverebbero di fronte a chi li
invita a eliminare i testicoli in via preventiva”. Un’ultima
riflessione, infine, arriva anche sui bambini: “Da quello che risulta dalla
lettera scritta sul New York Times, la Jolie motiva la sua scelta come
difesa dei suoi figli”, conclude Tibaldi. “Ma io mi chiedo se un gesto simile
non rischi, al contrario, di caricare i figli del peso emotivo della malattia,
che richiederebbe invece un’elaborazione dell’angoscia e delle sue motivazioni
profonde”.
*********************************************************
Infine dall'Eco di Bergamo.it,
del 15 maggio 2013, un articolo più tecnico con l'intervento del dott. Robotti
presidente della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed
Estetica.
Angelina Jolie si è sottoposta a
una mastectomia bilaterale e, dalle colonne del New York Times, ha raccontato
la sua scelta, raccomandando alle donne di prendere in mano le redini della
loro vita. Insomma di percorrere, senza paura, anche le strade apparentemente
più impervie.
ANGELINA JOLIE: BELLA COME PRIMA?
MA FORSE NON ALTRETTANTO “SENSIBILE”
Il presidente della SICPRE,
Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, illustra il
risultato estetico e le conseguenze in termini di sensibilità nel caso Jolie.
Un caso molto lontano dall’
“approccio italiano”, meno invasivo e più orientato alla diagnosi precocissima
Angelina Jolie si è sottoposta a una mastectomia bilaterale e, dalle colonne
del New York Times, ha raccontato la sua scelta, raccomandando alle donne di prendere
in mano le redini della loro vita.
Insomma di percorrere, senza
paura, anche le strade apparentemente più impervie.
«La
mastectomia profilattica è una scelta poco frequente in Italia, mentre è assai
più praticata negli Stati Uniti
- dice il bergamasco Enrico Robotti, presidente della SICPRE, la Società
Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, primario all’ospedale
papa Giovanni XXIII di Bergamo
La scelta di asportare
profilatticamente la ghiandola oppure no, sottoponendosi invece periodicamente
agli esami prescritti (grazie alla diagnosi precoce, per un iniziale tumore le
prospettive di guaribilità sono circa del 100%) spetta alla paziente su
consiglio dell’oncologo e del senologo. Studi recenti dimostrano che in oltre
l’80% dei casi, la mammella rimossa non mostra alcuna anomalia patologica di
sorta, neppure cellule anomale che rischiano di evolvere in tumore. Il quadro è
complesso, e la decisione deve arrivare dopo un iter lungo e attento da
affrontare, caso per caso, con le singole pazienti. E non fa eccezione il caso
di fattori che aumentano altamente il rischio, come il gene BRCA1, presente
nella Jolie.
Basti vedere le autorevoli linee
guida della FONCAM (Forza operativa nazionale sul carcinoma mammario)».
Sbagliato, quindi, scegliere solo
per paura, ed è del tutto inutile un allarmismo generalizzato.
Comunque, tutto questo è più di
pertinenza dell’oncologo e del chirurgo senologo, con cui il chirurgo plastico
deve avere un rapporto di collaborazione strettissima, ma rispettando
rigorosamente le competenze specifiche.
«Però,
per quanto riguarda l’aspetto ricostruttivo, cioè quello che concerne il
chirurgo plastico, non si può negare che la mastectomia bilaterale profilattica
nipple-sparing (cioè che risparmia l’areola-capezzolo, oltre a tutto il resto
del rivestimento cutaneo, la cosiddetta busta) sia una situazione ideale.
Infatti, come dice la parola stessa, è un approccio volto alla prevenzione e
pertanto conservativo, non altrettanto “demolitivo” come avviene in presenza di
tumore. È quindi possibile mantenere una “busta” di cute integra, compresa
areola e capezzolo, di spessore adeguato. Se poi la mammella non è troppo
grande, la situazione è ideale. E questo, per chi deve ricostruire, fa una
prima, grande differenza. La seconda è data dal fatto che si ricostruiscono al
tempo stesso entrambe le mammelle. Considerando che si tratta di organi pari,
questa è la premessa per ottenere risultati simmetrici e naturali altrimenti
impossibili»
spiega Robotti.
Per capire questo concetto, basti
pensare a un seno creato “ex-novo”, con espansore cutaneo prima e protesi poi,
a fianco a quello “originale”, magari troppo voluminoso o cadente.
«Per quanto possa essere
possibile ridurre e “simmetrizzare” la mammella non sottoposta a mastectomia,
il risultato non potrà mai essere del tutto simmetrico. Questo sia per le
diverse cicatrici tra i due lati, sia perché la mammella ricostruita con
protesi sarà sempre “fissa” rispetto all’altra. Anche quando la mammella sana
viene sottoposta a riduzione o a mastopessi, cioè il “lifting del seno”, rimane
sempre più soggetta a gravità e modifiche della ghiandola. Invece, in una
mastectomia profilattica bilaterale condotta su un seno già di forma gradevole,
i risultati della chirurgia ricostruttiva possono essere equiparabili quelli
della chirurgia estetica. In sintesi, la situazione finale della
Jolie può essere quasi simile (quasi, ma non del tutto) a quella di una
mastoplastica additiva e quindi assolutamente gradevole» conclude Robotti.
A parte la qualità del risultato,
la comunità scientifica non è universalmente concorde sull’opportunità di
ricorrere alla mastectomia profilattica.
Il parere di Umberto Veronesi «Se la condizione di rischio per il tumore
non genera un'ansia eccessiva, e non trasforma quindi la vita di tutti i giorni
in una non-vita, allora obiettivamente ci sono più vantaggi a fare controlli
ogni sei mesi, e scoprire l'eventuale tumore in epoca precocissima, quando le
possibilità di guarigione sono del 98%», dice Umberto Veronesi, direttore
scientifico dell'Istituto Europeo di Oncologia.
Attenzione, poi, al fatto che,
nel caso della mammella non vale il vecchio adagio “via il dente, via il
dolore”. «La mastectomia radicale non
annulla completamente il rischio di tumore, che rimane intorno al 5% anche dopo
l'intervento di rimozione». Questo perché una piccola percentuale di
ghiandola rimane comunque dopo l’intervento. Mastectomia profilattica, quando
sì. L’autorevole ASPS, American Society of Plastic Surgeons, ha pubblicato le
linee guida per la mastectomia profilattica, ovvero le situazioni in cui può
essere indicato procedere all’asportazione della ghiandola mammaria. Queste
sono legate a forte familiarità di tumore al seno, a familiarità di tumore al
seno e alle ovaie e alla presenza dei geni BRCA1 e BRCA2, che determinano un
rischio di ammalarsi di tumore al seno compreso tra il 60 e il 90%.
Secondo l’AIRC, Associazione
Italiana Ricerca sul Cancro, il tumore al seno colpisce 1 donna su 8 nell'arco
della vita. È il tumore più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 29%
dei tumori che colpiscono le donne. È la prima causa di morte per tumore nel
sesso femminile (16% di tutti i decessi per causa oncologica). (…)
L’iter chirurgico della Jolie
inizia il 2 febbraio con una piccola procedura al capezzolo sia bioptica (per
consentire un esame istologico che escluda una possibile iniziale malattia a
carico dei dotti) che di “nipple delay”. Nelle parole della stessa Jolie, si
tratta di una procedura che “richiama sangue al capezzolo, creando ecchimosi ed
un po’ di dolore, ma aumentando le possibilità che il capezzolo sopravviva dopo
la mastectomia”. Di cosa si tratta? Spiega ancora il dottor Robotti: «Il nipple
delay, in termini tecnici una “autonomizzazione “ del capezzolo, è una procedura
molto poco usata nella mastectomia nipple-sparing. Consiste, in pratica, nel
separare con una incisione sotto il capezzolo, circa due settimane prima
dell’intervento di mastectomia, il capezzolo stesso dai tessuti e vasi
sanguigni circostanti. Così, il capezzolo “si abitua” (nelle due settimane
prima della mastectomia) a non dipendere più, per poter sopravvivere, dai vasi
sanguigni che arrivano da sotto, ma solo da quelli che arrivano dai tessuti
attorno, cioè da quella stessa cute che verrà conservata nella mastectomia. Al
tempo stesso viene anche fatta una biopsia per escludere la presenza di tessuto
tumorale retroareolare. Questa “autonomizzazione” (così si chiama perché
“autonomizza”, il tessuto a cui è rivolta, separandolo dalle connessioni vascolari profonde) è un concetto molto antico, quasi storico, in
chirurgia plastica. La sua applicazione a un caso come quello della Jolie è
molto inusuale (anzi, di solito del tutto non necessaria a meno che non si
operi su tessuti già sottoposti a radioterapia o già operati), ma si deve intendere
come un ulteriore mezzo per essere ancor più certi che il capezzolo sopravviva
bene dopo la mastectomia.
Due settimane dopo, il secondo
passo, con l’ablazione dei tessuti mammari e l’inserimento di espansori
cutanei, posti tra il muscolo pettorale e la cassa toracica e “gonfiati”
progressivamente con infiltrazioni di soluzione salina, per creare la “tasca”
in cui collocare la protesi definitiva. Ma perché non si è fatto subito
l’inserimento delle protesi definitive?
Dice sempre Robotti: «L’inserimento immediato delle protesi
definitive è possibile solo in pochi casi e di solito è comunque consigliabile
usare dapprima gli espansori, espandere progressivamente la cute nelle
successive settimane e poi sostituirli con le protesi definitive. In questo
modo si riducono i rischi di complicazioni sulla cute e si creano inoltre i
presupposti per il migliore risultato estetico».
Infine, dopo 9 settimane,
l’ultimo atto: la rimozione degli espansori e la loro sostituzione con le due protesi
definitiva.
Da notare che, nel caso della
Jolie, i tempi sono stati addirittura tre - con il nipple delay -, e sarà del
tutto possibile anche qualche ritocco successivo.
Questo dimostra tra altro che la
chirurgia miracolistica del “tutto perfetto in un solo tempo” è, appunto, solo
da riservarsi ai miracoli.
Attenzione a messaggi televisivi
o di stampa troppo semplicistici. La realtà concreta è che spesso servono più
stadi, quindi più interventi, per ottenere il miglior risultato, specie se le
aspettative estetiche sono giustamente alte.
La “solita” mamma, ma (forse)
meno sensibile A detta della Jolie, le cicatrici sono piccole e i bambini non
hanno vissuto alcun trauma: hanno sempre visto la “solita” mamma. Altro
discorso sarà la ripresa della sensibilità.
«Dopo
una mastectomia profilattica e ricostruzione – spiega Robotti - la ripresa
della sensibilità è improducibile, ed in realtà è improbabile. Insomma non si
può sapere a priori ma, di solito, la fine sensibilità del capezzolo è persa in
modo permanente».
Su un
piano personale, la Jolie sottolinea che non si sente meno donna, dopo
l’intervento, ma anzi più forte per aver fatto una scelta difficile che in
alcun modo ha intaccato la sua femminilità.
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