Dino Buzzati, con lo scalatore
Rolly Marchi, sulla Croda da Lago |
Ho riscoperto Dino Buzzati Traverso, scrittore,
giornalista, drammaturgo, librettista e pittore italiano, conosciuto come Dino Buzzati (San
Pellegrino di Belluno, 16.10. 1906 – Milano, 28.1 1972), leggendo il racconto Sette piani di cui parlerò dopo le feste natalizie. Non voglio annoiarvi o peggio rattristarvi con il racconto della storia di Giuseppe Conte ospite di un sanatorio di sette piani dove, man mano che la malattia peggiorava, si scendeva di un piano; metafora della vita.
Dino Buzzati è morto a 66 anni per un tumore al pancreas, come il padre. Le sue ceneri sono state sparse sulla Croda da Lago, la montagna che anch'io amo. La Croda da Lago è un massiccio montuoso delle Dolomiti Ampezzane a sud-est di Cortina d'Ampezzo, la cui vetta più alta si erge per 2.709 m.
Ad una cima della croda è stato dato il suo nome, Campanile Buzzati.
La Croda da Lago è cara anche agli amici della Casa Alpina del Bosco Verde e in particolare a: padre Leone, don Egidio, don Antonio, Paola, Giovanna (mia moglie) e Matteo.
La Croda da Lago è cara anche agli amici della Casa Alpina del Bosco Verde e in particolare a: padre Leone, don Egidio, don Antonio, Paola, Giovanna (mia moglie) e Matteo.
Oggi parleremo, invece, di un altro racconto di Buzzati: Ce n'è troppo di Natale.
Le domande che anch'io, come Dino Buzzatti e come il bue del presepe, mi pongo da molti anni a Natale, sono le seguenti:
Per
le strade, nei negozi, negli uffici, nelle fabbriche, uomini e donne parlavano
fitto fitto scambiandosi l'un l'altro, come automi, delle monotone formule.
"Buon Natale, auguri, auguri, felici feste, grazie, auguri, auguri,
auguri". Era un brusio che riempiva la città. - Ma ci credono? - chiese il
bue. - Lo dicono sul serio? Vogliono veramente così bene al prossimo?
"Ogni anno scolastico - dice una maestra - leggo ai bambini che ancora non lo conoscono, il
bellissimo e profondo racconto di Buzzati". Non ho ancora trovato, negli anni, un bambino a cui non piaccia. E poi ci
fa riflettere un pò sul consumismo sfrenato, su tutti gli inutili
orpelli di cui siamo schiavi in occasione di questa festa...
A me piace, speriamo che piaccia anche ad adulti e anziani!
A me piace, speriamo che piaccia anche ad adulti e anziani!
Ecco il racconto: Ce
n'è troppo di Natale (Dino Buzzati)
Croda da Lago |
-Ti ricordi - chiese, nel
paradiso degli animali, l'anima del somarello all'anima del bue - per caso ti
ricordi quella notte, tanti anni fa, quando ci siamo trovati in una specie di
capanna, e là, proprio nella mangiatoia? -Lasciami pensare... Ma sì, - confermò
il bue - nella mangiatoia c'era un bambino appena nato. Come lo potrei
dimenticare? Era un bambino così bello. -Da allora, se non sbaglio - fece
l'asino - sai, da allora, quanti anni sono passati? -Figurati, con la memoria
da bue che ho! -Quasi duemila. -Caspita! -E, a proposito, lo sai chi era quel
bambino? -Come faccio a saperlo? Era gente di passaggio. Chi era? L'asinello
sussurrò qualche cosa in un orecchio al bue. -Ma no! - fece costui sbalordito -
Sul serio? -La pura verità. Lo giuro! Pensa che da allora, gli uomini, ogni
anno, fanno gran festa per l'anniversario della nascita. E per loro non ci sono
giornate più belle. Tu li vedessi. È il tempo della serenità, della dolcezza,
del riposo dell'animo, della pace, delle gioie familiari, del volersi bene.
Perfino gli assassini diventano buoni come agnelli. Lo chiamano Natale. Anzi,
amico, mi viene un'idea. Già che siamo in argomento, vuoi che ti conduca a
vederli? -Chi? -Gli uomini che festeggiano il Natale. -Dove? -Giù, sulla Terra,
no?
Partirono. Lievi, lievi,
planarono dal cielo sulla Terra, puntando verso una miriade di lumi: era una
grandissima città. Ed eccoli, il somarello e il bue, invisibili, aggirarsi per
le vie del centro. Trattandosi di spiriti, le automobili, gli autobus e i tram
gli passavano attraverso senza danno, e alla loro volta, le due bestie
passavano disinvoltamente attraverso i muri. Così potevano vedere tutto a loro
agio. Era uno spettacolo impressionante, i mille lumi delle vetrine, i festoni,
le ghirlande, gli abeti e lo sterminato ingorgo di automobili che tentavano
affannosamente di andare avanti e il formicolio vertiginoso della gente che
andava e veniva, entrava ed usciva, si accalcava nei negozi, si caricava di
pacchi e pacchétti, tutti con un'espressione ansiosa e frenetica, come se
fossero inseguiti. A quella vista il somarello sembrava divertito. Il bue,
invece, si guardava intorno con spavento. -Senti, amico asinello, tu mi hai
detto che mi portavi a vedere il Natale. Guarda che ti devi essere sbagliato.
Te lo dico io: qui stanno facendo la guerra. -Ma non vedi come sono tutti
contenti? -Contenti? A me sembrano dei pazzi. -Perché tu non sei pratico degli
uomini moderni, tutto qui. Per divertirsi, per trovare la gioia, per sentirsi
felici, hanno bisogno di rovinarsi i nervi. Il bue, valendosi della sua natura
di puro spirito, fece una svolazzatina e si fermò a curiosare a una finestra
del settimo piano. E l'asinello, dietro.
Videro una stanza ammobiliata
riccamente e nella stanza, seduta a un tavolo, una signora preoccupata. Alla
sua sinistra, sul tavolo, c'era un cumulo, alto circa mezzo metro, di carte e
cartoncini d'ogni colore, alla sua destra una pila di cartoncini bianchi. E la
signora, sveltissima, prendeva uno dei cartoncini colorati, lo esaminava un
istante, poi consultava dei grossi volumi, subito scriveva qualcosa su uno dei
cartoncini bianchi, lo infilava in una busta, scriveva qualcosa sulla busta,
chiudeva la busta, quindi prendeva dal mucchio di sinistra un altro cartoncino
colorato e rifaceva la manovra. Le sue mani andavano così veloci che era quasi
impossibile vederle. -Ma cosa sta facendo? - chiese il bue, - perché si sta
massacrando così? -Non si massacra. Sta solo rispondendo ai biglietti d'auguri.
-Auguri? E a che cosa servono? -Niente. Assolutamente zero. Ma, chissà come,
gli uomini adesso ne hanno una mania. Si affacciarono, più in là, a un'altra
finestra. E anche qui c'era gente che scriveva biglietti, la fronte bagnata di
sudore. Dovunque le due bestie guardassero, ecco uomini e donne che facevano
pacchi, e preparavano buste, e correvano al telefono, e si spostavano da una
stanza all'altra portando spaghi, nastri, carte. Dovunque arrivassero, era il
medesimo spettacolo. Andare e venire, comprare e impacchettare, spedire e
ricevere, imballare e sballare, chiamare e rispondere. E tutti guardavano
continuamente l'orologio, tutti correvano, tutti ansimavano col terrore di non
fare in tempo.
Per le strade, nei negozi, negli
uffici, nelle fabbriche, uomini e donne parlavano fitto fitto scambiandosi l'un
l'altro, come automi, delle monotone formule. "Buon Natale, auguri,
auguri, felici feste, grazie, auguri, auguri, auguri". Era un brusio che
riempiva la città. -Ma ci credono? - chiese il bue. - Lo dicono sul serio?
Vogliono veramente così bene al prossimo? L'asinello tacque. -Mi avevi detto -
osservò il bue - che era la festa della serenità, della pace, del riposo
dell'animo. -Già - rispose l'asinello - Una volta era così. Ma, cosa vuoi, da
qualche anno all'avvicinarsi del Natale, gli uomini vengono presi da grande
agitazione e non capiscono più niente. Ascoltali del resto. Il bue ascoltò
stupito: "Buon Natale, auguri lei, grazie altrettanto, felici feste,
grazie, auguri, auguri". Era un brusio che riempiva la città. -E se ci
ritirassimo un po' in disparte? - suggerì il bovino. - Ho ormai la testa che è
un pallone. Comincio a sentire la nostalgia di quella che tu chiami atmosfera
natalizia.. -Be', in fondo anch'io - disse il somarello. Sgusciarono in mezzo
alle automobili, si allontanarono un poco dal centro, dalle luci, dal
frastuono, dalla frenesia.
-Dimmi, tu che sei pratico -
chiese il bue, ancora poco persuaso - ma sei proprio sicuro che non siano tutti
pazzi? - No, no, è semplicemente il Natale. - Ce n'è troppo di Natale, allora.
Ma ti ricordi quella notte, a Betlemme, la capanna, i pastori, quel bel
bambino? Era freddo, anche lì, eppure c'era una pace, una soddisfazione. Come
era diverso! - E' vero. E quelle zampogne lontane, che si sentivano appena
appena. - E sul tetto come un lieve svolazzamento. Chissà che uccelli erano.
Uccelli! Testone che non sei altro. Erano angeli! - E quei tre ricchi signori
che portavano regali, li ricordi? Come erano educati, come parlavano piano, che
persone distinte. Te li immagini, se capitassero in mezzo a questa baraonda? -
E la stella? Non ti ricordi che razza di stella, proprio sopra la capanna?
Chissà che non ci sia ancora. Le stelle di solito hanno vita. -Ho idea di no -
disse il bue, scettico. - C'è poca aria di stelle, qui. Alzarono i musi a
guardare, e infatti non si vedeva niente. Sulla città c'era un soffitto di
caligine.
Dopo aver scritto questo post trovo, sul Corriere della Sera, che Benedetto XVI nel libro sull'infanzia di Gesù afferma che il bue e l'asino non erano nella stalla con Gesù.
RispondiEliminaNon importa, penso io!!
Si legge nell'articolo: "Probabilmente, racconta il Papa, anche altri due libri della Bibbia di Abacuc e dell'Esodo hanno avuto un'influenza. «L'iconografia cristiana già ben presto ha colto questo motivo. Nessuna raffigurazione del presepe rinuncerà al bue e all'asino». La nascita di Gesù in una grotta, deposto su una mangiatoia, esula «da tutto ciò che tutti pensano e vogliono», ma la «povertà» di questa nascita si fa «epifania», manifestazione del divino. «La povertà è il vero segno di Dio», scrive ancora il Santo Padre".
Mi chiedo: "La povertà è anche della Chiesa"? Rispondo: "Di una parte sicuramente, ma non di tutta"!