Ho partecipato con molto interesse Sabato 9 giugno 2012, presso il Centro culturale San Gaetano di Padova, all'impegnativo Convegno dal titolo: Mass media, oncologia ed etica.
L’evento
è stato organizzato dal Comitato Etico dell’Istituto Oncologico Veneto
(IOV-IRCCS), presieduto da Renzo Pegoraro.
Angela
Pasqualotto, presidente dell'Associazione Angolo sezione di Padova, ha
fatto una commovente relazione che il pubblico ha ascoltato in silenzio e con
viva partecipazione.
Ho
chiesto ad Angela, che ringrazio di cuore, di mandarmela per pubblicarla sul
blog, ecco l'introduzione (per leggere tutto):
Quando
leggo o sento l’aggettivo incurabile riferito al cancro, io
rabbrividisco… rabbrividisco perché quella parola potrà essere letta o
ascoltata da chi il cancro lo sta vivendo.. e sta affrontando la chemioterapia,
la radioterapia.. l’intervento chirurgico…una parola può sollevarti e darti
speranza ..o ucciderti… è vero che il cancro può essere incurabile, ma è
anche vero il contrario…
Quando
parliamo dobbiamo sempre ricordarci che ciò che per noi può essere innocuo, per
altri potrebbe essere una lancia che trafigge….
Angela
mi ha mandato anche questa bellissima poesia dal titolo: Tu sei il mio
medico. Ogni medico, in particolare l'oncologo, dovrebbe affiggerla nel
proprio studio in modo da averla sempre presente, chiediamo troppo?
Tu sei il mio medico
e nelle tue mani affido la mia vita.
Rendimi partecipe,
parlami,
spiegami,
permettimi di sentirmi in controllo di ciò che accade al mio
corpo,
così potrò aiutarti anch’io.
Lavoreremo insieme
per vincere questa battaglia.
Non tenermi all’oscuro perché mi sento smarrito.
Se tu mi parli, io comprendo.
Se tu mi spieghi, io collaboro.
Se tu accetti la mia vulnerabilità, divento più forte.
Non sono un paziente perfetto,
ma ti affido la mia vita.
Non togliermi mai la speranza di potercela fare,
anche se sei convinto del contrario:
la speranza può fare miracoli proprio dove voi medici
l’avete perduta.
Sono solo un uomo che sta lottando per la propria Vita
e per poter continuare nel mio cammino di dolore
devo vedere una luce:
dammela con le tue parole,
dammela con il tuo sguardo,
anche se mi stai rivelando una condanna a morte
non dimenticare mai che sono un uomo.
Potrei essere piccolo o grande,
maschio o femmina,
giovane o vecchio.
Potrei avere gli occhi verdi o occhi che non vedono,
potrei udire la tua voce o vedere solo i movimenti delle tue
labbra,
potrei avere i capelli lunghi o essere senza forze per la
chemioterapia,
potrei camminare sulle mie gambe o essere costretto su una
sedia a rotelle.
Potrei amarti
o anche odiarti
per quello che mi stai rivelando,
ma ricordati:
sono un uomo, una persona.
Le tue parole scenderanno su di me
e potranno avere il sapore della condanna o della speranza.
Guardami negli occhi quando le pronuncerai
perché negli occhi di un uomo come me
troverai la dignità di chi soffre.
E anche se vedrai i miei occhi riempirsi di lacrime,
non aver paura del mio dolore,
ma accoglilo nel tuo cuore come ricchezza.
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