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Il brevetto uccide il paziente |
Per legge però, dopo un certo periodo di tempo, quella molecola non è più proprietà
dell’azienda ma “di tutti” in quanto il giusto guadagno
derivante da una scoperta non può essere infinito e
soprattutto non deve limitare l’accesso a quelle cure da parte di chi ne ha
bisogno, scade la proprietà privata a beneficio della comunità. Ma se l'azienda
farmaceutica modica la formula del farmaco? E' il caso del farmaco Glivec prodotto
dalla Novartis (Svizzera). E se un tribunale come quello indiano obbliga una ditta
farmaceutica, la Bayer (Germania), a fornire la formula non scaduta del Nexavar con la motivazione che riporto, cosa accade? “Il prezzo è fuori dalla
portata dei pazienti. Non è un bene di lusso, ma un medicinale che può salvare
delle vite. E’ dunque importante che possa essere alla portata della maggior
parte delle persone”.
Le due grandi aziende farmaceutiche la Bayer e la Novartis
hanno scatenato una guerra di carte bollate per riprendersi il brevetto, la
Bayer per il farmaco Nexavar e la Novartis per il Glivec. La logica delle case farmaceutiche è la
seguente: "Le malattie che non
portano guadagni non rientrano nei loro piani e i pazienti che non hanno i
soldi per pagare non rientrano nei loro interessi”.
Vi invito a leggere due articoli tratti dal "Fatto
Quotidiano" che descrivono la
battaglia legale tra l'India e le aziende farmaceutiche. Il primo di Marco
Quarantelli, del 27/gen/2014,
ha per titolo: Bayer, polemica sul Ceo: “Farmaco
anticancro? E’ per chi può permetterselo”
Riporto l'inizio dell'articolo, per leggerlo interamente cliccare sul titolo: La frase di Marijn Dekkers, numero uno del colosso farmaceutico, ha
riacceso la guerra per il diritto di produzione e vendita di importanti farmaci
anti-tumorali come il Nexavar. Nella sua versione generica, il
"sorafenib" costa il 97% in meno. Il prezzo di Bayer era di 5.600 dollari
(4.100 euro) per 120 compresse, la scorta per un mese. Dal marzo 2012 in India, per decisione del
governo, si può comprare la stessa dose del farmaco anti-cancro Nexavar nella versione generica
a 175 dollari: 127 euro. Da allora la multinazionale di Leverkusen ha scatenato una
guerra di carte bollate per riprendersi il brevetto, ma finora non ci è
riuscita. Nexavar è indicato per il trattamento dell’epatocarcinoma
e per il trattamento di pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato dopo
fallimento terapeutico ad una precedente terapia a base di interferone alfa o
interleuchina-2, o che sono considerati non idonei a ricevere tale terapia.
Il secondo articolo
di Salvo Di Grazia, del 5 aprile
2013, è intitolato: Il caso del farmaco Glivec: la ‘lezione’
dell’India alla Novartis.
Riporto anche di questo articolo alcune parti, per leggerlo interamente cliccare sul titolo.
(…) Per una nazione che ha grosse fasce di popolazione
sotto la soglia di povertà ed un’assistenza sanitaria non diffusa come da noi,
il costo di un farmaco può fare la differenza tra la salute di un ricco e
quella di un povero, con quest’ultimo che spesso rinuncerà alle cure. Ma
l’industria indiana ha pensato bene di fabbricare lo stesso farmaco (cosa che
fa per moltissime altre molecole curative) “a casa propria”, in forma generica nelle
industrie nazionali, scoprendo con enorme soddisfazione di potere abbattere in
questo modo i costi esorbitanti della cura (e non di poco, il farmaco originale
costa attorno ai 2000 euro al mese, quello generico poco più di 100!). (…) se
un’industria ha un prodotto efficace in vendita esclusiva, allo scadere del
brevetto, questo potrebbe essere prodotto (e venduto) da qualsiasi altra
azienda. Ma se l’industria modificasse leggermente il farmaco iniziale
mostrando che la modifica apportasse miglioramenti ed aumento di efficacia, il
brevetto è, in parole povere, rinnovato, consentendo all’azienda di continuare
ad avere l’esclusiva della vendita e
del guadagno di quella sostanza. E’ quello che è successo al Glivec. La
Novartis, allo scadere del brevetto, ha modificato leggermente la
composizione del farmaco, ottenendo così una molecola più
efficace e sicura. Le industrie indiane hanno iniziato a produrlo per conto
loro ed è a questo punto che la Novartis ha protestato chiedendo fosse
rispettato il diritto alla “proprietà”, appoggiandosi soprattutto alla
“modifica” del prodotto iniziale.
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