Nel blog di Umberto Veronesi trovo questo post: Appello al Governo "tecnico": Non siate miopi
Il pulpito da cui ci viene la predica è di quelli tra i più prestigiosi, arriva da Nature,
la rivista scientifica più autorevole, che dedica il suo editoriale,
cioè la pagina di significato più alto, ad ammonire severamente l’Italia
perché non tagli i finanziamenti nella ricerca scientifica. «Nonostante
le pressioni per i piani di austerità, investire nella ricerca ora
potrebbe dare enormi benefici. Senza una struttura adeguata della
ricerca si va incontro a un futuro oscuro», scrive Nature. E non ci consola il fatto che l’ammonimento sia rivolto anche a Grecia e Spagna.
Sembra forse inopportuno in un momento di grave crisi lamentarsi dei tagli alla ricerca, ma
penso che tagliare sulla ricerca sia colpire al cuore il futuro
economico, scientifico e industriale dell’Italia, e ci allontani ancora
di più dall’Europa, mettendoci definitivamente in disparte. In realtà,
il nostro status di Paese industrializzato è una pietosa finzione. I
nostri partner europei lo sanno ma stanno zitti. La nostra tanto
conclamata industrializzazione è come la Luna, che non brilla di luce
propria, ma di luce riflessa. Abbiamo fabbriche e laboratori, ma in
gran parte il know-how viene dall’estero.
L’augurio che mi faccio è che il Governo
dei tecnici non soffra della stessa miopia dei politici. Per costoro il
comportamento egoistico è quello che fa riferimento a orizzonti
temporali molto brevi ed è portato a ridurre al minimo i cambiamenti. La
speranza è che i tecnici abbiano il coraggio di pensare su tempi
lunghi, perché la ricerca è un investimento ad alto rischio e a lungo
termine, per cui richiede lungimiranza e altruismo. Forse è proprio per
questo motivo, di natura culturale, che da molto tempo in Italia nella
ricerca si investe molto poco, sempre di meno. E’ davvero un peccato che
non si senta la necessità di tener fede alle tante promesse che erano
state fatte. Per esempio, nel documento di programmazione
economico-finanziario deliberato dal Consiglio dei Ministri il 16 luglio
2001, al capitolo «ricerca e innovazione tecnologica», si poteva
leggere una dichiarazione d’intenti molto precisa: «Il Governo intende
raggiungere un livello di spesa – rispetto al PIL – pari all’attuale
media europea». Non sono un economista, ma il buonsenso mi dice che
siamo lontani anni luce da questo obiettivo.
Ripeto una mia antica convinzione e cioè
che la ricerca non è una spesa, ma un investimento. In campo medico,
consente di incrementare le risorse a disposizione e di passare dalla
semplice tutela sanitaria alla promozione della salute. E consente di
migliorare costantemente la qualità delle cure. Un ospedale che fa
ricerca, ne sono profondamente convinto, porta effettivamente questa
ricerca al letto del malato, e ne migliora le prospettive di vita e di
guarigione. In cinquant’anni di professione, io non ho mai smesso di
fare ricerca, e penso che essa sia il lievito della buona Medicina. Non
possiamo più lasciare che la ricerca viva in un suo mondo separato e
spesso accademico, lontano dai problemi concreti dell’assistenza, e che
non venga messa tempestivamente a disposizione del malato.
Umberto Veronesi
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